martedì 2 dicembre 2008

Forum per i compagni e compagne dell’Associazione Politica e Classe

“il sindacalismo indipendente in Italia tra competizione globale e fine dei diritti del lavoro”
2° quaderno dell’Associazione Politica e Classe

mercoledi 10 dicembre
ore 21.00
via barbieri n.95 Bologna


Invitiamo tutti i compagni e le compagne dell’Associazione Politica e Classe di Bologna a partecipare al forum in merito al 2° quaderno dell’Ass.: Il sindacalismo indipendente in Italia tra competizione globale e fine dei diritti del lavoro.E’ nostro interesse come ASS. sviluppare momenti di confronto e di dibattito interni, per favorire una maggiore circolazione di idee e di analisi.
Proponiamo questa discussione, interna all’Associazione, partendo dalle considerazioni del nostro quaderno, che ha come punto centrale l’indipendenza di classe di fronte ai movimenti sociali. La ricchezza e l’esperienza di questi ultimi mesi, che ha visto numerose mobilitazioni e pezzi sociali scendere sul terreno della lotta, non è tuttavia immune da contraddizioni e ritardi. Le organizzazioni sindacali di base e del nuovo “sindacalismo metropolitano” sono riuscite in molti casi a essere la parte avanzata di questi movimenti, tuttavia permane una capacità d’azione e di mobilitazione delle forze della vecchia politica e del sindacalismo concertativo che ancora una volta agiscono per affossare i movimenti e riportarli sotto una logica meramente politicista legata al teatrino italiano (berlusconiani e antiberlusconiani). Minando quindi non solamente l’azione delle organizzazioni di base ma la stessa indipendenza di questi movimenti e quindi della prospettiva di classe.La riflessione fatta dall’Associazione in merito al sindacalismo indipendente è quella di mettere al centro dentro il conflitto capitale-lavoro, l’indipendenza che si manifesta sia sul piano organizzativo si su quello dei contenuti. Oggi la capacità di crescità di questi movimenti sociali non è quindi slegata dalla maturità con cui risponderanno alle sirene della “vecchia politica e della concertazione”. Movimenti sociali che si confrontano dentro un contesto economico attraversato da processi di crisi in atto, che hanno fortemente delegittimato le politiche liberiste di questi ultimi anni (sostenute in modo quasi identico sia dal centro-destra sia dal centro sinistra).Invitiamo quindi a partecipare al forum mercoledì 10 alle ore 21 presso il circolo di Bologna dell’Associazione Politica e Classe di Bologna in via Barbieri n.95




Ass. Politica e Classe Bologna

venerdì 28 novembre 2008

antifascismo


ASSEMBLEA PUBBLICA


verso il CORTEO ANTIRAZZISTA E ANTIFASCISTA AI QUARTIERI S.VIOLA E BARCA

del 13 DICEMBRE 2008

presso il CIRCOLO ARCI IQBAL MASIH Via della Barca 24/3 - bus 14

MERCOLEDI' 3 DICEMBRE '08 ALLE ORE 20.30


Il 12 dicembre saranno passati 39 anni da quando una bomba piazzata daun gruppo di neofascisti spalleggiati dai servizi segreti fece 16 mortie 87 feriti nell'atrio della Banca dell'Agricoltura, a Milano. Tregiorni dopo un "malore attivo" e un volo dalla finestra della Questurasuicideranno il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli.Il 6 novembre 2008, a Genova, al riparo dai riflettori della Storia, unmigrante algerino accusato di borseggio, Aufi Farid, è volato dallafinestra di una stazione dei carabinieri ed è morto. Quello che si stachiudendo è stato un anno insanguinato da xenofobia e squadrismo: NicolaTommasoli ucciso dai fascisti a Verona, Abdoul Guibrea Milano massacratoper un pacco di biscotti, Emmanuel Bonsu pestato brutalmente dai vigiliurbani a Parma, gravi aggressioni ad attivisti dei movimenti a Roma,Pesaro, sul treno Ancona-Rimini. La notte tra il 14 e il 15 novembre aBologna, sotto le due torri, quattro bonehead forzanovisti hanno feritodue giovani, uno in modo grave, colpevoli di un look sgradito e diessersi dichiarati comunisti.A lui e agli altri aggrediti va tutta la nostra solidarietà.La violenza dei pubblici poteri e la violenza fascista non hanno maiallentato la loro stretta. Se ieri era la Strategia della Tensione, oggiè una Strategia della Paura ad alimentarle. Paura che la retoricasecuritaria scatena verso chiunque appaia diverso, perché straniero, perla sua identità di genere, per una maglietta sbagliata, per il suo mododi vestirsi o di tenere i capelli.E "dalla strategia della tensione alla strategia della paura",raccogliendo una proposta della Rete Antifascista Metropolitana di Roma,è stato il filo conduttore di iniziative diffuse in varie città italianeil 12 dicembre 2007. A Bologna un corteo comunicativo ha attraversato iquartieri Barca e S. Viola, dove i movimenti operai, antagonisti elibertari bolognesi mancavano da decenni.Quest'anno riteniamo più che mai urgente e necessaria una presenza dipiazza antirazzista e antifascista nell'anniversario della strage diPiazza Fontana. Essendo stato proclamato per il venerdì 12 lo scioperogenerale, proponiamo a reti, collettivi, singoli, di costruire persabato 13 dicembre una mobilitazione cittadina e plurale che attraversinuovamente i quartieri S. Viola e Barca. Un momento di comunicazione epresa di parola perché non prevalga il silenzio dell'oblio edell'intolleranza.


Circolo Arci Iqbal Masih

Lista Reno per il rilancio dello stato sociale

Assemblea Antifascista Permanente


all'iniziativa aderisce l'Associazione Politica e Classe di Bologna

domenica 23 novembre 2008

Report


REPORT DELLA TAVOLA ROTONDA SULLA CRISI ECONOMICA PROMOSSA DALL’ASSOCIAZIONE “POLITICA E CLASSE” A BOLOGNA IL 20 NOVEMBRE 2008.

Un pubblico numeroso e attento ha partecipato al dibattito sulla crisi, a cui hanno partecipato Roberto Sassi dell’Associazione. Politica e Classe, Giorgio Gattei, professore del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna, Emiliano Brancaccio, professore di Macroeconomia e di Economia del lavoro presso la Facoltà di Scienze Economiche e Aziendali dell'Università del Sannio, Toni Iero della redazione di “Cenerentola”, Sergio Cararo della Redazione di “Contropiano” Gli intervenuti, pur partendo da posizioni anche differenziate, ma accomunate da una critica radicale al capitalismo ed all’imperialismo, hanno concordato sul carattere non congiunturale ma strutturale della crisi, la cui origine risale ad oltre tre decenni addietro ed è definibile, nelle classiche categorie marxiane, come crisi da sovrapproduzione di capitali.Il neoliberismo è giunto alla fine: dopo aver sferrato un massiccio e costante attacco ai salari ed imposto un devastante saccheggio di risorse pubbliche attraverso le privatizzazioni, manovre attuate al fine di sorreggere la speculazione finanziaria ed i costi delle guerre imperialiste. L’esplosione della bolla finanziaria ha fatto svanire in un istante la maschera che nascondeva il reale volto di un modo di produzione gravemente dilaniato dalle contraddizioni che esso stesso inevitabilmente genera.Gli USA sono destinati a subire un forte ridimensionamento, non solo in termini economici ma anche politico-militari, mentre la conflittualità inter-imperialistica si sta acuendo sensibilmente.
Ma la legittima soddisfazione sulla cocente dimostrazione dell’attualità dell’analisi marxista non consente certo di essere compiaciuti di fronte agli scenari che si prospettano nel prossimo futuro.Le classi subalterne, specie nel nostro paese, in mancanza di un’adeguata organizzazione politica di massa, rischiano di pagare un prezzo altissimo. Significativo da questo punto di vista il caso dei fondi pensione privati, sostenuti con grande determinazione a destra e a sinistra, come dai sindacati di stato, che hanno subito perdite fino all’11%, mentre il rendimento dei TFR è cresciuto del 2,2%. Si tratta solo dell’ultima beffa, dopo decenni di saccheggio.Gli stessi partiti “comunisti”, sono preoccupati unicamente di riconquistare una qualche rappresentanza parlamentare e sembrano non accorgersi di quello che sta succedendo.In questo contesto, hanno spazio movimenti razzisti e fascisti, che fomentano la guerra fra poveri, sostengono le tendenze più guerrafondaie dell’imperialismo, organizzano provocazioni squadristiche con la protezione degli apparati dello stato.
Nonostante ciò, stiamo assistendo alla diffusione di radicati ed estesi movimenti di massa (dagli studenti ai lavoratori organizzati nei sindacati di base, dai movimenti di difesa del territorio a quelli per la casa) che si stanno unificando sotto la parola d’ordine “La vostra crisi non la paghiamo”, nella consapevolezza della comune condizione di precarietà, di mancanza di prospettive, di scarsità di reddito. Questi movimenti stanno dimostrando una ben maggiore maturità politica del ceto politico che pretende di rappresentarli e costituiscono una solida base di resistenza contro gli attacchi di una borghesia sempre più parassitaria ed incapace di far fronte ai disastri che ha provocato.

Circolo di Bologna
Associazione marxista Politica e Classe

venerdì 21 novembre 2008

antifascismo

Il comunicato dai partecipanti alla contestazione ad Azione Giovani
Questo è un comunicato politico e informativo sui fatti di Piazza Verdi scritto e condiviso da persone che hanno partecipato alla contestazione di Azione Giovani, e vogliono spiegare i loro motivi.
La firma Informazione Antifascista sta a denotare il nostro intento: di monitorare, svelare e denunciare il neofascismo a Bologna. La mattina del 20 novembre è stato contestato, da parte di un gruppo di studentesse e di studenti di diverse facoltà il banchetto di Azione Giovani in Piazza Verdi, che diffondeva messaggi contro la mobilitazione No Gelmini. Contemporaneamente al banchetto in piazza Verdi un gruppo di fascisti vicini all’area naziskin volantinava sotto le due torri all’imbocco di Via Zamboni. Al vedere bandiere con la fiamma tricolore, che simboleggia la continuità con la Repubblica di Salò, in una città medaglia d’oro alla resistenza, i presenti si sono sentiti di contestare la presenza fascista nel cuore della zona universitaria e chiedere lo smantellamento del banchetto. Questo è accaduto senza arrivarealcuna violenza fisica. Dopo pochi minuti è arrivata la polizia che ha immediatamente fermato una decina di studenti che si stavano allontanando dalla piazza, prendendogli i documenti e minacciandoli fisicamente.La volontà di questo comunicato non è semplicemente di offrire la versione degli eventi di chi in quel momento c’era, ma anche di spiegare i motivi precisi che hanno portato studentesse e studenti che si riconoscono nei valori dell’antifascismo a contestare Azione Giovani, movimento giovanile di Alleanza Nazionale, un partito che da molte persone è visto come una forza che ha apparentemente rotto tutti i legami che aveva con il fascismo. Questainterpretazione la rifiutiamo nel suo complesso in quanto indipendentemente da come si definisce e come si rapporta con il passato, AN continua a incarnare lo spirito del fascismo nella sua proposta politica, una proposta razzista, xenofoba, ed autoritaria.Venerdì notte in Piazza delle Mercanzie due ragazzi hanno subito un pestaggio da parte di una decina di naziskin, uno dei ragazzi ha anche riportato gravi ferite. Galeazzo Bignami, consigliere comunale per AN-PDL a Bologna ha subito dichiarato l’estraneità del suo partito all’ambito neo-nazista e che in quello stesso partito “non esistono spazi” per quell’area. I FATTI DIMOSTRANO IL CONTRARIO. Esiste a Bologna un gruppo, chiamato ASSOCIAZIONE EDERA, il cui discorso politico si fonda sull’antisemitismo, il negazionismo della Shoà, l’apologia (sul loro sito chiedono prosaicamentedi versare il 5 per mille a favore dell’Istituto storico della RSI) della stessa Repubblica di Salò che Alleanza Nazionale ricorda sulla sua bandiera. Alle loro iniziative è spesso presente un servizio d’ordine naziskin, che allontana o impedisce ogni possibile dissenso, nonostante tali conferenze vengano presentate come pubbliche. Abbiamo parlato di questo gruppo per un motivo preciso: IL LORO PRESIDENTE E’ MICHELE FRANCESCHELLI, CONSIGLIERE DI AN-PDL DEL QUARTIERE SAN VITALE. Il loro Vice Presidente è Francesco Bevilacqua consigliere della Lega Nord al Quartiere Navile, lui come Franceschelli con un passato nella destra neo-fascista. Questi fatti sono la dimostrazione evidente della falsitàdelle dichiarazioni di Bignami, della falsità dell’equazione Partito di Governo uguale arco costituzionale e democraticità. Dentro AN è viva e vegeta una cultura fascista senza ‘post’, che agisce parallelamente a quella pratica politica istituzionale che dice di aver abbandonato l’ideologia dalla quale provengono. Questa realtà esiste in Azione Giovani quanto, se non di più, che nel partito alla quale fa riferimento. Da anni AG porta avanti campagne revisioniste sulla strage di Bologna, cercando di spostare la responsabilità di quel massacro lontano da quella destra radicale armata che ha formato molti che adesso militano tra le fila del loro partito.Come abbiamo spiegato, la verità su Azione Giovani e Alleanza Nazionale non è quella che gli stessi presentano al pubblico, ma è ben altra: è quella di un partito che tollera e fa eleggere a cariche cittadine soggetti che appartengono alla stessa area alla quale affermano di aver negato agibilità. Gli stessi soggetti che usano queste cariche per garantire sedi e agibilità a iniziative di stampo nazista. La presenza di questo partito in zona universitaria, a meno di una settimana da un’aggressione fascista brutale a pochi passi da Piazza Verdi, in contemporanea ad un altro volantinaggio fascista, lo stesso giorno di un corteo antifascista per condannare l’aggressione ed esprimere solidarietà agli aggrediti, era una provocazione chiara.Chi ha risposto alla provocazione contestando la loro presenza l’ha fatto con la rabbia di chi non vuole più vedere aggressioni notturne, non vuole veder più legittimati discorsi che vogliono sputare sulla memoria di chi per questa repubblica democratica antifascista hanno lottato rischiando la vita, molti perdendola per conquistare una libertà che nonhanno mai potuto conoscere. Chi ha risposto alla provocazione l’ha fatto per svelare un artificio che trasforma complici in innocenti, e affermare che la libertà antifascista non conosce l’ambivalenza di chi condanna la violenza squadrista mentre contemporaneamente agevola chi vive quello squadrismo come prassi quotidiana.Esiste un sodalizio fascista a Bologna che è ben diversa dalle facciate che sono presentate alla cittadinanza.Continueremo a denunciare, svelare e opporci a queste complicità. Bologna è antifascista e lo rimarrà.
INFORMAZIONE ANTIFASCISTA

mercoledì 5 novembre 2008

tavola rotonda sulla crisi economica


tavola rotonda sulla crisi economica

Il precipitare della crisi finanziaria, partita dall'esplosione della bolla immobiliare, oggi sembra investire l'intero sistema. Da più parti si dice che si pagherà cara questa crisi, ma non chi direttamente la pagherà.Quali sono le conseguenze geopolitiche della crisi finanziaria? Quanto direttamente investe il sitema di produzione capitalista? E' un susseguirsi di notizie discordanti tra chi parla di recessione, chi dice che è momentanea e ci vuole ottimsmo a chi vede la fine di un modello liberista. L'analisi marxista può aiutarci a leggere la crisi in atto. Ne parliamo con diversi studiosi e giornalisti per capire meglio cosa sta succedendo.
ore 21.00
giovedi 20 novembre
via del pratello n.53
sala benjamin
Bologna
coordina la tavola rotonda Roberto Sassi Ass. Politica e Classe
interviene
Giorgio Gattei professore del Dipartimento di Scienze Economiche di Bologna
Emiliano Brancaccio professore di Macroeconomia e di Economia del lavoro presso la Facoltà di Scienze Economiche e Aziendali dell'Università del Sannio
Toni Iero Redazione Cenerentola giornale libertario
Sergio Cararo Redazione Contropiano, della Rete dei Comunisti

domenica 26 ottobre 2008

cronache dal profondo nord 2 puntata

Cronache dal profondo nord
Inchiesta / seconda puntata*

La “questione settentrionale” cenni storici


Dopo la prima puntata dedicata al fenomeno politico-sociale leghista, continuiamo questo percorso interno alla questione settentrionale.E’ ormai da 20 anni che si parla della “questione settentrionale” come fenomeno politico nazionale. La “questione settentrionale” esplose dentro le profonde mutazioni geopolitiche ed economiche alla fine degli anni 80. Cambiamenti che ovviamente avevano una radice più antica (1), ma che si manifestarono in tutta la loro ampiezza con il disfacimento della cosiddetta prima repubblica. La questione settentrionale è oggi posta sullo stesso piano della questione meridionale, e addirittura la sorpassa per importanza rispetto all’opinione pubblica, anche grazie alla nascita di movimenti politici che si sono fatti portatori di questa istanza. Questi movimenti che possiamo definire di “destra”(2) hanno di fatto accelerato un processo ormai in atto, travolgendo in gran parte i vecchi paradigmi di sinistra o in alcuni casi sussumendoli. Il punto su cui questa questione settentrionale assume maggior rilievo è la divisione che esiste tra produttori e non-produttori, produzione che non va letta unicamente sotto il profilo industriale ma di sviluppo e ricerca. In questo senso la questione settentrionale rompe con la dimensione unitaria nazionale, non sopportando più le diverse velocità del paese, e non vergognandosi più del suo potere e benessere diffuso, anzi questo elemento viene messo al centro di una strategia dentro un nuovo contesto geopolitico mondiale: il benessere va difeso con ogni mezzo necessario, a costo di ridisegnare gli equilibri geopolitici nazionali. Basta pensare che oggi il premier della Repubblica italiana è prima di tutto un milanese, e dopo un italiano. In quanto milanese può amare Napoli, Bari, la Sicilia e anche Roma, ma rimane comunque un milanese. Questo può apparire una valutazione semplicistica ma in realtà offre un chiaro esempio di quella rottura che c’è stata nel paese, dove il potere politico era essenzialmente unitario e dopo si ramificava nel territorio, oggi questo è invertito. Non è un caso che i maggiori deficit di consenso politico esistano proprio a sinistra e in alcune formazioni di destra che ancora oggi hanno uno schema unitario. Lo stesso dibattito che attraversa il PD è sintomatico, posizioni come quella di Cacciari, sono forse minoritarie sotto il profilo organizzativo, ma hanno un indiretto appoggio di tutto l’arco amministrativo del PD del nord. Il filosofo-sindaco di Venezia è da diverso tempo che si pone il problema di ridisegnare una strategia per la “sinistra” del nord, sotto il suo influsso rientrano le recenti torsioni dell’area dei centro sociali del nord est, che hanno di fatto teorizzato una “lega di sinistra”, non è raro vedere sventolare sui centri sociali del nord est bandiere rosse…ma con il simbolo del leone di San Marco.
La dicitura specifica di “questione settentrionale” è in realtà nata anni fa. Fu creata polemicamente in contrapposizione alla dominante “questione meridionale”. Un primo elemento del perché si iniziò a parlare di una questione settentrionale fu il problema della disoccupazione, che era visto sotto il profilo squisitamente unitario e quindi con una lettura “meridionale”. La disoccupazione veniva considerata “strutturale”, ma sarà proprio lo sviluppo del nord a rompere questo meccanismo attraverso il boom degli anni 60. Ricerca e formazione di manodopera, immigrazione e congestione urbana, nuove esigenze di dotazioni infrastrutturali, le prospettive del macchinismo e dell’ “automazione” porteranno a sovvertire gli stessi termini della “questione meridionale” vista essenzialmente come “questione agraria” ossia legata alla redistribuzione della terra. Se esisteva ed esiste una macroscopica questione meridionale in Italia, questa ha però falsato o reso parziale il piano di lettura per le modificazioni al nord. Un esempio è il flusso negli anni 50-60 dell’immigrazione meridionale e ciò che comportò nel tessuto autoctono settentrionale e nelle rispettive culture e organizzazioni politiche e sociali. Nella versione più attenta della sinistra il cambiamento era visto con gli occhi di chi arrivava e non di chi vedeva l’arrivo, questo meccanismo era per lo più legittimo in quanto erano proprio quelle fasce sociali immigrate che davano gambe allo sviluppo del nord e anche sotto il profilo squisitamente di classe erano le dirette avanguardie del cambiamento sindacale e politico. Tuttavia il non aver analizzato lo sguardo di chi vedeva arrivare ha fatto si che alcune contraddizioni siano rimaste sottotraccia, ma non sopite, e sono bastati alcuni anni perché queste riemergessero. Contraddizioni che hanno inglobato i precedenti flussi e hanno prodotto una nuova comunità sociale del nord, dove non è ovviamente sul piano razziale che si trova il principale legame, ma in quello produttivo e di sviluppo legato ad un preciso territorio.
Troppo spesso la ricerca rispetto alla questione settentrionale è stata misconosciuta dalla sinistra e dai marxisti. Gli intellettuali e i gruppi che si porranno il compito di investigare la questione settentrionale saranno pochissimi, e spesso osteggiati dai grossi blocchi politici . Possiamo ricordare il contributo della rivista “Ragionamenti”, un gruppo di intellettuali cresciuti sotto l’influenza di Adriano Olivetti, Successivamente fu Giangiacomo Feltrinelli a promuovere un Centro di Ricerche Economiche, irritando lo stesso leader del PCI Palmiro Togliatti, centro che iniziò ad approfondire la nuova realtà di sviluppo e trasformazione industriale e tecnologica del Nord Italia. In questa breve carrellata non possiamo non ricordare il contributo di Raniero Panzieri e il gruppo intorno a lui i Quaderni Rossi, che diedero dentro il nuovo contesto industriale del nord Italia nuove teorizzazioni ideologiche per la nascente nuova sinistra. Un autore nato dentro questo nuovo contesto di ricerca fu Danilo Montaldi (3). Montaldi fu un politico e un ricercatore eretico. Fu uno dei pochi autori della nuova sinistra nato dentro la cultura politica della sinistra comunista italiana e dalle correnti neo-consiliari francesi (4). La sua lente di ricerca era rivolta verso quel macroscopico mondo post contadino che viveva nelle province. Non era quindi unicamente la metropoli, la grande industria del nord ad essere analizzata ma le valli, gli uomini del Po, le piccole cittadine della val padana (5). Vi sono almeno due libri che in modo superlativo descrivono con gli occhi del nord i cambiamenti e le mutazioni in atto nel paese negli anni 50-60: Autobiografie della leggera(6), e Militanti politici di base(7). I due testi sotto il profilo squisitamente statistico non possono essere considerati scientifici, tuttavia vi è una capacità di lettura profonda dei mutamenti in atto, attraverso la viva voce dei protagonisti. Vengono descritti, nei due libri, i diversi atteggiamenti di fronte alle modificazioni repentine del nord, con la relativa rottura delle precedenti comunità sociali e politiche. I protagonisti dei due saggi sono gli emarginati dai cento incerti mestieri e dall’esistenza precaria, sono i militanti politici della bassa padana, contadini e operai inseriti in piccole unità produttive. Scriviamo questo non perché innamorati della memoria storica del nord, ma perché vi è stato un miope atteggiamento della sinistra che basandosi unicamente sulla “questione meridionale” si batteva per riannodare i fili della storia di classe del sud Italia, difendendo le tradizioni più nobili di tale terra, ma lasciava praticamente cadere nel dimenticatoio lo stesso fenomeno che avveniva al nord. La difesa dei dialetti, della cultura contadina veniva vista come “difesa di classe” unicamente sotto il profilo meridionale.Non è un caso che i fenomeni recenti di politicizzazione della questione settentrionale non partano dalla grandi città metropolitane, che hanno di fatto centrifugato tutto e tutti, ma dalle valli e dalle diverse “basse”. Inoltre queste zone “periferiche” hanno visto negli ultimi anni un poderoso sviluppo produttivo, di fronte ad una contrazione delle zone propriamente metropolitane del vecchio triangolo industriale (GE-TO-MI) creando una vera e propria “megalopoli padana” dove tuttavia la velocità di immagazzinamento e omologazione di una città metropolitana è diluita in un territorio più vasto smorzandone gli effetti. L’importanza economica e politica di una simile area creava quindi il presupposto per lo sviluppo di una nuova tensione settentrionale.E’ in questo senso che riappare dentro la questione settentrionale il problema non unicamente simbolico dell’identità. Dentro questo nuovo spazio, la “megalopoli padana”, acquisisce importanza la tradizione e le diverse anime del nord. Tutto questo sarà di fatto raccolto quasi unicamente dalla “destra” nel nostro paese.
Un discorso a parte meriterebbe l’analisi del PCI sulla questione settentrionale, e nello specifico rispetto alla problematica emiliana. Togliatti attraverso l’Emilia, renderà pratica la sua “via italiana al socialismo”. Non è nostra intenzione dare un giudizio sulla bontà di questo progetto, ci interessa in questa sede osservare come di fronte ad un determinato territorio il PCI svilupperà una sua originale via al socialismo.Tuttavia il PCI rimarrà rispetto alla questione settentrionale complessiva schiacciato dentro la dinamica della questione meridionale e al massimo studierà i fenomeni dentro le metropoli del nord, spesso rincorrendo sul piano teorico la nuova sinistra italiana, nata per lo più dentro la sinistra socialista. Non avrà la capacità di analisi complessiva rispetto al mutamento delle diverse Italie. Questo ritardo lo pagherà caro sia nei convulsi anni 70 sia nello scioglimento della sua esperienza alla fine degli anni 80. L’Emilia invece rappresenterà una anomalia rispetto al piano d’analisi del PCI riuscendo a teorizzare un modello che gli sopravviverà, anche se è ormai in fase calante. Ci ripromettiamo nella terza puntata di “cronache dal profondo nord” di investigare nello specifico la questione emiliana.
Recentemente di fronte ai bruschi mutamenti politici e produttivi del paese e nello specifico del nord Italia è apparsa una nuova letteratura rispetto alla questione settentrionale. Il testo che maggiormente ha riscosso successo, almeno negli ambiti di sinistra, è il saggio di Aldo Bonomi: Il capitalismo molecolare. La società al lavoro nel Nord Italia (8). Attorno a questo ricercatore si è creata tutta una schiera di autori, che hanno iniziato a descrivere la fine del triangolo industriale e lo sviluppo della “megalopoli padana”. Il libro offre spunti interessanti e per molti versi corretti rispetto ai cambiamenti in atto e alle nuove figure sociali e comunitarie che si andavano a costituire nel nord, ha tuttavia un grosso difetto di fondo. Non è una ricerca sulle contraddizioni in atto, ma una celebrazione di questi cambiamenti. Questa testo uscì all’inizio degli anni 90 dentro un contesto contraddistinto da una feroce campagna liberista, sulla spinta della new economy, che metteva al centro del suo ragionamento la fine della storia e quindi della lotta di classe. Si creò l’illusione di un mondo sempre più pacificato e si prevedeva l’avvento di una ridistribuzione economica grazie alle possibilità del mercato finanziario. La cosiddetta epopea del “piccolo e bello” del popolo delle partite iva prese a nuovo soggetto di cambiamento ha di fatto dato forza unicamente a gruppi politici che, dentro una visione neo-comunitaria, hanno sviluppato nuove forme di razzismo e neo-colonialismo, desiderose di difendere il proprio a scapito dell’altro. L’aver posizionato la lente d’inchiesta su un contesto preciso ha fatto dimenticare il contesto mondo su cui questi processi avvenivano e le relative controtendenze. Non è un caso che oggi siamo di fronte ad un silenzio imbarazzante rispetto ai processi di crisi in atto dentro la megalopoli padana. In questo senso la questione settentrionale ha liberato gli “spiriti animali” sopiti per anni, ma sempre presenti dentro la società italiana. La storia del popolo delle valli e del grande fiume si è tramutata in un arma per esercitare il diritto a mantenere il potere e un benessere economico nato anche grazie allo sfruttamento selvaggio di altre zone.
Oggi dentro a nuovi e sempre più veloci cambiamenti geopolitici dovuti ad una sempre più pressante crisi finanziario-produttiva è colpita anche la megalopoli padana, questo mentre vi sono profondi mutamenti nella composizione sociale, basti pensare ai nuovi flussi migratori e alla precarietà diffusa.La questione settentrionale tuttavia non può essere accantonata, in quanto oggi si gioca un partita importantissima dentro questo contesto territoriale, che rappresenta ancor oggi la parte più ricca del paese. Non basta difendere lo Stato di fronte agli “spiriti animali”, in quanto alcune delle contraddizioni emerse sono profondamente reali, ma bisogna riuscire a porsi il compito di cementificare l’unità delle fasce popolari attorno a progetti e organizzazioni che mettano al centro lo sviluppo di una nuova via pubblica e in questo la nefasta utopia del piccolo è bello va abbandonata nel museo della storia. Per almeno un decennio c’è stata da parte della sinistra una mitologia attorno a questo slogan, ampliata dal fenomeno zapatista, oggi lo stesso continente sud americano ci pone di fronte a nuove sfide attraverso la nascita di nuove dinamiche trasnazionali come dimostra il laboratorio degli Stati che hanno fatto proprio lo slogan del socialismo del XXI secolo. Parliamo di questo non per accontentarci di modelli precostituiti, ma come esempio di come le contraddizioni devono essere risolte su un piano generale e non meramente comunitario. Può essere azzardato un simile parallelismo, ma ci sembra che possa cogliere nel segno, rispetto ad un certo atteggiamento della sinistra, qui intesa nelle sue varie sfaccettature, nel provare a governare la complessità del presente. Bisogna riuscire a scoprire e intervenire dentro tutti quei momenti dove si materializza una nuova dimensione di classe che rompe con il particolarismo e pone sul piano degli interessi immediati una nuova cementificazione e organizzazione di classe. La sfida che oggi pongono le principali forze del sindacalismo di base e sociale oggi in Italia va in questa direzione.


Diego Negri




Note


1) Possiamo individuare tre momenti in cui la questione settentrionale assumerà connotati precisi in termini di dibattito e ricerca, vi è un primo momento legato al processo di unificazione dell’Italia a cavallo dell’800-900, un secondo dentro il miracolo economico negli anni 60 e in fine un terzo momento con la fine della prima repubblica alla fine degli anni 80.

2) Sul carattere di destra e l’ampiezza trasversale del fenomeno Lega rimandiamo al nostro precedente intervento: Il popolo leghista. Epopea, mito e realtà del “partito del popolo del nord”. Il materiale è consultabile sul sito: www.contropiano.org e su http://politicaeclasse.blogspot.com/

3) Rimandiamo alla raccolta di saggi di Danilo Montali: Bisogna Sognare, 1952-1975, edito dal Centro di Iniziativa Luca Rossi, 1994, Milano4) Per sinistra comunista italiana si intende quel filone che prende origine dal fondatore del PCdI nel 1921 Amadeo Bordiga, Per neo-consiliarismo, anche se la dicitura è sicuramente deficitaria, si intende l’esperienza della rivista francese Socialisme ou Barbarie e di vari gruppi ed intellettuali degli Stati Uniti. Per maggiori informazioni rimandiamo ai seguenti siti: www.quinterna.org e www.autprol.org

5) Questa attenzione non limitò tuttavia la capacità di inchiesta rispetto alle nuove contraddizioni del nord e alla nuova classe operaia che si stava costituendo come dimostra il saggio: Milano, Corea. Inchiesta sugli immigrati, scritto da Montaldi con Franco Alasia nel marzo del 1960

6) D.Montaldi, Autobiografie della leggera, Torino, Einaudi, 1961

7) D.Montaldi, Militanti politici di base, Torino, Einaudi, 1971

8) A.Bonomi, Il capitalismo molecolare. La società al lavoro nel Nord Italia, Torino, Einaudi, 1997


* La prima puntata: Il popolo leghista. Epopea, mito e realtà del “partito del popolo del nord”. Il materiale è consultabile sul sito: www.contropiano.org e su http://politicaeclasse.blogspot.com/

domenica 19 ottobre 2008

campagna di tesseramento


2° quaderno dell'Associazione Politica e Classe


Salutando l'ottima riuscita dello sciopero generale del 17 ottobre promosso dal sindacalismo di base, l'Associazione Politica e Classe ha fatto uscire il 2° quaderno:


"Il sindacalismo indipendente in Italia, tra competizione globale e fine dei diritti del lavoro", che contiene alcuni materiali del convegno nazionale sul sindacalismo indipendente svolto a Bologna nel giugno del 2008.


Il quaderno contiene due saggi:

-La questione del sindacalismo di base in Italia

-Il nuovo sindacalismo metropolitano


Il quaderno contiene in appendice l'intervento di Giorgio Cremaschi


Il quaderno può essere richiesto contattando il circolo di Bologna dell'Associazione Politica e Classe: via barbieri n.95, politicaeclassebologna@yahoo.it cell:3389255514

sabato 18 ottobre 2008

NOVECENTO


breve corso sul "secolo breve"

1. Il comunismo "all'ordine del giorno" e la controrivoluzione anticomunista (1914-1945)

Ore 21 Mercoledi 12 novembre

2. "Guerra fredda" e consumismo capitalistico (1945-1989)

Ore 21 Mercoledi 19 novembre

3. Sulla "natura sociale" dell'URSS e sulle ragioni della sua caduta (1917-1991)

Ore 21 Mercoledi 26 novembre

4. La vendetta del capitalismo: warfare e workfare e nient'altro

Ore 21 Mercoledi 3 dicembre

Il corso sarà tenuto da Giorgio Gattei (docente Università di Bologna)

presso il Circolo di Bologna dell'Associazione Politica e Classevia Barbieri n.95 (quartiere Bolognina) Bologna

Associazione Politica e Classe-Bologna
politicaeclassebologna@yahoo.it

3389255514


sabato 11 ottobre 2008

report riunione nazionale


REPORT DELLA RIUNIONE NAZIONALE

ASSOCIAZIONE MARXISTA “POLITICA E CLASSE”


il 5 ottobre 2008, a Bologna, la riunione nazionale dell’Associazione Marxista Politica e Classe con all’Ordine del Giorno la ripresa dell’attività politica e culturale dopo la parentesi estiva.

Necessariamente la discussione si è sviluppata a partire dai recenti avvenimenti economici e finanziari internazionali i quali, con iniziale epicentro negli USA, stanno riverberando in ogni parte del globo. E’ evidente, persino agli economisti di parte borghese, che l’attuale crisi non riguarda, unicamente, la Si è svolta cosiddetta bolla immobiliare ed i successivi fallimenti a catena di banche ed assicurazioni. Ciò che è in forte ebollizione è una fase precisa del corso storico del capitalismo (quello della finanziarizzazione o, come è stata denominata negli ultimi anni, l’epoca della finanza creativa). Un movimento del capitale il quale nel suo parossistico ed anarchico procedere sta mostrando il suo carattere disordinato e rovinoso con gravi effetti antisociali.

Nonostante i messaggi rassicuranti provenienti dai vari ambienti dei poteri forti, nonostante le migliaia di miliardi di Dollari ed Euro immessi continuamente dalle banche centrali, nonostante i vertici che si susseguono allo scopo di tranquillizzare i mercati l’attuale crisi finanziaria (la più grande da quella del 1929) continua a correre velocemente ed inesorabilmente nei circuiti mondiali delle borse e degli istituti economici. Infatti, ogni giorno che passa, i fattori di crisi finanziaria si diffondono ovunque superando confini, barriere nazionali e protezionismi di ogni tipologia.

Questa situazione sta configurando un nuovo scenario in cui si va accentuando quella competizione globale interimperialistica che segna, prepotentemente, questo scorcio della mondializzazione del capitale. Una aperta e spietata concorrenza in cui i diversi blocchi politici, economici e militari (USA ed Unione Europea in primis) si rinfacciano responsabilità e colpe iniziando a predisporre, al di là dei sorrisi di facciata espressi nei vari summit, primi, ma significativi, provvedimenti di blindatura e di difesa delle proprie aree di influenza economica e finanziaria. E’ in tale contesto che anche i commentatori solitamente più prudenti cominciano a ventilare lo spettro di guerre finanziarie e la parola sugli scenari comincia a passare dagli economisti agli storici e agli storici dell’economia. Questa crisi muterà la mappa dei rapporti di forza mondiali e le sue ripercussioni non riguarderanno solo gli Stati Uniti ma anche l’Europa.

Nello stesso ridotto italico, a seguito dell’incalzare di questo ciclone finanziario, la politica economica e sociale del governo Berlusconi, orientata prevalentemente verso il modello statunitense di governance e di gestione delle crisi, cancella, di fatto, qualsiasi spazio e possibilità a ciò che residua del fronte “progressista e di sinistra”. Infatti interpretando gli eventi di queste ultime settimane emerge l’impossibilità di rieditare, anche attraverso un futuro cambio governativo, scelte riformistiche o presuntamene tale fondate su impossibili modelli economici di riequilibrio e di redistribuzione sociale.

L’intera “sinistra” continua, dopo la catastrofe elettorale dell’aprile scorso, a riproporre, nel suo agire politico, una modalità di azione errata e suicida la quale nella sua autistica coazione a ripetere mostra la sua inanità teorica nel comprendere il nuovo scenario dello scontro sociale e politico. Un dato, questo, che contribuisce allo sbandamento politico ed alla dispersione di migliaia di militanti e lavoratori che, a vario titolo, hanno animato con passione e generosità i partiti autodefinitosi comunisti.


La ripresa dell’iniziativa:

Vengono, quindi, oggettivamente confermati gli obiettivi che l’Associazione Marxista “Politica e Classe” si è assunto al momento della sua costituzione: uno spazio politico e culturale aperto alle discussioni ma con una attitudine alla proiezione esterna qualificata ed argomentata attorno ai vari snodi del conflitto. Una intrapresa che vogliamo realizzare vieppiù indispensabile per riqualificare la nostra cassetta per gli attrezzi.

Per ciò che attiene il programma di attività pubbliche la discussione si è orientata verso la realizzazione, a partire dalle prossime settimane, di alcuni appuntamenti pubblici nelle varie città:

La presentazione pubblica dei due volumetti, editi dall’Associazione, contenenti gli Atti del Convegno “Pianeta Merce – L’ultima frontiera del modo di produzione capitalistico” tenuto a Roma nel febbraio scorso. Questo ciclo di presentazioni/incontri verrà realizzato con il concorso di esperti del settore, esponenti del mondo ambientalista ed attivisti dei movimenti sociali in modo da replicare nei territori, in forme più articolate, la pluralità e la ricchezza dei temi affondati nel Convegno di Roma;

La pubblicazione di un fascicolo dedicato alla Questione Sindacale contenete la sintesi delle due relazioni introduttive nel Convegno “Il sindacalismo indipendente in Italia tra competizione globale e fine dei diritti del lavoro” tenuto a Bologna nel giugno scorso ed un intervento di Giorgio Cremaschi della Rete 28 Aprile anch’esso esposto al Convegno. Questa pubblicazione dell’Associazione Marxista Politica e Classe è da intendersi anche come un contributo, tra gli altri, alla più generale discussione in corso nelle fila del Sindacalismo di Base ed Indipendente;

L’aggiornamento costante del sito web dell’Associazione, particolarmente nella sezione-documenti allo scopo di far circolare e socializzare, nelle forme più efficaci possibili, i materiali teorico-politici attinenti il dibattito e la ricerca militante. Una scelta che prevede, prossimamente, momenti di incontro e di scambio di esperienze con altre Associazioni, siti web e riviste riconducibili alle ragioni sociali che animano la nostra attività;

La costruzione, probabilmente per i primi mesi del 2009, di un Convegno da tenersi a Milano concernente i fini e gli scopi generali di una battaglia comunista a tutto campo nella società. Dopo il crollo dell’89, il fallimento di ogni rifondazione comunista fino all’ingloriosa morte della Sinistra Arcobaleno si ripropone l’urgenza di delineare una idea/forza ed una allusione riconoscibile che sostanzi l’adagio marxiano del comunismo come movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti. E’ che questo interrogativo non sia un prurito ideologico è dettato dalla realtà quotidiana in cui siamo immersi. Quando, ad esempio, anche su aspetti delle vertenze economiche (vedi il caso Alitalia) riemerge la discussione su nazionalizzazione/autogestione/controllo dei lavoratori ciò significa che i marxisti e la soggettività antagonistica debbono alimentare un dibattito, sicuramente prospettico nel tempo, sulle forme e l’essenza vera di una trasformazione e di un superamento del modello di sviluppo e di vita inerente questa società. In tale contesto teorico riaprire la discussione sullo sviluppo (e sulla conseguente critica) delle forze produttive significa dinamizzare l’attività di una Associazione Marxista fuori ed oltre ogni consumata liturgia ideologica e dogmatica. Avvertiamo, quindi, fin da ora che, nel tempo utile più breve possibile, faremo circolare una Lettera Invito ed una Bozza di Discussione per questo appuntamento che vogliamo sostanziare;

L’apertura della campagna di adesione all’Associazione, per il nuovo anno politico, in modo da rafforzare il lavoro collettivo, gli strumenti di ricerca e di comunicazione che intendiamo dotarci;


Bologna,
6/10/08

Il 17 ottobre 2008 è SCIOPERO GENERALE


CUB, Cobas, SdL Intercategoriale hanno proclamato lo SCIOPERO GENERALEdi tutte le categorie pubbliche e private per l’intera giornata del 17 ottobre 2008

giovedì 9 ottobre 2008

COFFERATI E L'ANTICOFFERATISMO


Cofferati e l’anticofferatismo
Diego Negri*


Il ritiro di Cofferati è un avvenimento che di fatto smuove tutto l’arco politico-sociale cittadino. Non ci interessano le motivazioni per cui il sindaco non si ricandida, anzi se queste avvengono per squisiti motivi personali, non possiamo che giudicare questo come un atto positivo che va in controtendenza rispetto al micidiale teatrino della politica. Un ritiro, e questo deve essere chiaro a tutti, che non deriva da una campagna di sfiducia nella città, purtroppo aggiungiamo noi, ma da meccanismi che in questo caso non ci riguardano.

Cofferati, in questi anni, ha rappresentato una delle varianti di governo della politica del PD. Se Veltroni come sindaco di Roma era per una politica inclusiva, intesa a recuperare le contraddizioni e normalizzarle, Cofferati ha rappresentato il neo-bonapartismo, insistendo sulla dimensione di esclusione. Ovviamente sia la prima variante che la seconda erano tutte interne a logiche di mantenimento e di rafforzamento dei ceti sociali benestanti e attente a favorire le dinamiche dei poteri forti. Si è giocata una partita nazionale su quelle due ipotesi. La crisi di consenso di Veltroni rende ancor più importanti le posizioni di Cofferati rispetto al modello politico nazionale.
Cofferati, pur governando una città di media grandezza, è riuscito a rappresentare una alternativa al dilagare della “nuova destra del nord”(1), creando un modello nazionale, ripreso dalle stesse giunte di centro-destra. Tutto questo ponendosi in molte occasioni anche in frizione con determinate forze storiche legate alla sinistra come la CGIL. La dimensione del sindaco sceriffo era, e non solo sul lato simbolico, una risposta al montare del problema sicurezza, che sebbene indotto per innescare una “sempre verde” battaglia tra le fasce popolari, rimane un naturale strumento delle fasce dominanti per governare i processi di crisi e le modificazioni del territorio. Mentre nelle maggiori città italiane questo è stato conseguito dalla destra, a Bologna abbiamo avuto un sindaco che ha aperto alla sperimentazione di un modello di sinistra securitario (che ha fatto scuola tra i principali sindaci di centro sinistra, ma che ha riscosso consensi anche a destra). La giunta Cofferati non può essere assimilata a quelle precedenti, in quanto si è posta prioritariamente il piano della gestione della città, cioè ridisegnando gli spazi di potere ecomici e urbani, assecondando il clima di neo-federlismo, che tra poco investirà tutto l’arco amministrativo istituzionale italiano.
Quindi Cofferati non è solo il sindaco di Bologna, ma rappresenta un modello più generale. Modello che ha avuto anche una sua sperimentazione sul terreno prettamente politico delle alleanze. Il Cinese è riuscito di fatto a svuotare i partiti di sinistra creando un vero e proprio “partito del sindaco”, basti pensare ai diversi smottamenti che si sono susseguiti dentro i verdi, il pdci e il prc. Facilitato da una politica suicida di questi stessi soggetti che prima lo hanno eletto a salvatore della patria per poi degradarlo a male assoluto, hanno dimostrato ancora una volta di essere incapaci di offrire una politica indipendente rispetto ai blocchi sociali dominanti. Lo stesso legame con il PD locale ha subito in questi anni diverse frizioni dovute alla politica neo-bonapartista del sindaco, che scavalcava le vecchie gerarchie di potere del sistema partito-cooperative-sindacato emiliano, offrendo una via diversa pensata per una società emiliana in forte trasformazione e cambiamento. Ovviamente stiamo parlando di processi, sarebbe illogico guardare la realtà in modo schematico e individuiamo nella gestione Cofferati una tendenza generale in atto. Basti pensare alla fase di estrema personalizzazione della politica, conseguenza di un minor potere delle fasce lavoratrici sulla società, che stiamo vivendo e che Cofferati incarna da “sinistra”.
Con la sua uscita crea inoltre un “gioco di sottrazione” ossia rende di fatto sterili quelle opposizioni che avevano fatto dell’anticofferatismo il loro credo. E’ scontato che vi sia da parte di diversi settori di sinistra in città una gioia improvvisa, in quanto si crede che questo riapra un dialogo e una collaborazione con un PD più ragionevole. E’ triste dover constatare ciò in quanto non si percepisce come il vecchio sistema sia definitivamente in via di declino e la novità di Cofferati non ritornerà indietro, si trasformerà e sicuramente procederà in avanti.
Il balletto a cui assisteremo tra le forze di centro sinistra sarà dentro questo equivoco di fondo. Non accorgersi che non sarà mai come prima, che guardare al vecchio non paga, potrà forse permettergli di sopravvivere, ma sarà solo un rimandare la fine. Non siamo mai stati a favore dell’accanimento terapeutico, ma per una liberatoria eutanasia.
Piuttosto bisognerebbe domandarsi perchè il modello Cofferati in realtà è percepito in modo positivo dalla stragrande maggioranza della città, modello che risponde al clima che si respira oggi nel paese, stretto tra processi di crisi e una isterica paura che sfociano in dimensioni comunitariste e di terrore verso il diverso, visto come un usurpatore della propria cittadella.

Di fronte alle modificazioni urbane e produttive della città, la sinistra ancora una volta guarda indietro, cullandosi nella nostalgia del “buon vecchio mondo antico” non assumendosi le sfide del presente. Sfide che ci portano a ragionare sui nuovi flussi migratori, sulla nuova composizione di classe, su una precarietà sociale che diventa paradigma principale di intere fasce sociali sia sul terreno lavorativo che territoriale, il tutto accompagnato da crepe sempre più vistose dell’attuale sistema produttivo-finanziario. Di fronte a queste sfide, che impongo un maggior livello di analisi, inchiesta, progetto e fantasia organizzativa è inutile riproporre discussioni in merito alle politiche delle alleanze tra strutture, per lo più percepite come forze politiche residuali in città, ma è necessario puntare su ciò che oggi può davvero interagire con il territorio e con i lavoratori a Bologna, dando nuova linfa a un modello che metta al centro l’interesse e l’utilità di classe, qui intesa come unità, indipendenza e organizzazione, rispetto a una serie di postulati etici fuori dalla realtà e legati al mondo dei filosofi.

Anche se Cofferati se ne va, il modello rimane, e le sue soluzioni pure. Ci auguriamo che la sinistra si liberi da quel meccanismo micidiale dell’essere anti, che fa si che si debba vivere l’azione politica sempre in rinculo ad un'altra, mai quindi con una propria capacità di offrire un piano e un progetto di indipendenza. Noi dal nostro osservatorio continueremo a cercare di ampliare il dibattito mettendo al centro l’analisi e l’inchiesta come metodo per sviluppare un marxismo del XXI secolo e per favorire tutte quelle realtà che si porranno direttamente il problema dell’organizzazione diretta di classe, il solo terreno oggi dove direttamente la sinistra può ricostruirsi una vera internità e legittimità di classe.



(1) Si intende ovviamente non i cascami neo-fascisti, ma le tensioni comunitarie, liberiste, razziste che attraversano i principali partiti nel nord italia, che trovano l’epicentro nel PdL e la Lega ma hanno un larghissimo seguito anche dentro il centro sinistra

* dell’Associazione Politica e Classe-Bologna, via Barbieri n.95 Bologna, politicaeclassebologna@yahoo.it, http://politicaeclasse.blogspot.com/, www.politicaeclasse.it

venerdì 19 settembre 2008

Cronache dal profondo nord



Inchiesta/ Prima puntata
Il popolo leghista. Epopea, mito e realtà del “partito del popolo del nord”

di Diego Negri

Un po di storia
La Lega Nord esiste da più di 20 anni ed il simbolo più evidente della nuova “questione settentrionale”. Questo movimento-partito politico a come suo leader indiscusso Umberto Bossi, che già nel 1980 fondava il gruppo autonomista U.N.O.L.P.A. (Unione Nord Occidentale Lombarda per l’Autonomia) realizzando un piccolo giornale chiamato Nord Ovest. Umberto Bossi, vicino al PCI verrà influenzato politicamente alla fine degli anni 70 da Bruno Salvadori segretario del partito autonomista valdostano (Union Valdotaine).
La Lega nasce inizialmente con il nome di Lega Lombarda, ufficialmente il 12 aprile 1984 in uno studio notarile, dove a firmare l’atto costitutivo si ritrovano Bossi e pochi altri leghisti della prima ora. E’ singolare che la nascita di questa formazione sia legata a poche decine di militanti e sostenitori, con uno scarsissimo buget economico iniziale. Alle elezioni europee, nello stesso anno si presenta con una lista denominata “Unione per l’Europa Federalista”, alleanza formata da Lega Lombarda, Liga Veneta, Movimento Piemont. Nel 1985 la Lega Lombarda entra per la prima volta con i propri rappresentanti nei Consigli comunali della provincia di Varese, e nel 1987 elegge un senatore, Umberto Bossi, ed un deputato, Giuseppe Leoni. Nel contempo Bossi continua ad impegnarsi per lo sviluppo di movimenti autonomisti in tutto il Nord, favorendo la nascita dell’Uniun Ligure, della Lega Emiliano-Romagnola e dell’Alleanza Toscana. Spesso la nascita di queste realtà si innesta in tentativi già esistenti, ma con uno ancora scarso radicamento territoriale.
Il 10 febbraio 1991 a Pieve Emanuele (MI), con il primo Congresso Federale, nasce ufficialmente la Lega Nord, costituita dalla federazione fra Lega Lombarda, Liga Veneta, Piemont Autonomista, Uniun Ligure, Lega Emiliano-Romagnola, Alleanza Toscana. In seguito si uniranno anche le altre regioni del Nord: Trentino-Sudtirolo, Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Umbria e Marche.
Alle elezioni politiche del 1992 la Lega, dopo aver conquistato gran parte delle amministrazioni locali dell’Italia settentrionale, stravince conquistando un percentuale del 8,7% passando da due ad ottanta parlamentari. Il 13/14/15 settembre 1996 si svolge la prima "Festa dell'autodeterminazione dei popoli padani" dove nasce la Padania. La cerimonia aperta da Bossi si svolge al Pian del Re (CN), alle sorgenti del Po. L'acqua della sorgente viene messa nell'ampolla di vetro, che Bossi avrà con se quando terrà il discorso conclusivo a Venezia dove viene presentata la dichiarazione d'indipendenza e sovranità della Padania, la Costituzione transitoria e la Carta dei diritti dei cittadini padani. Questo evento descritto in modo umoristico dai maggiori organi d’informazione italiani e ridicolizzato dalla sinistra rappresenterà il momento fondativo dell’identità padana del popolo leghista, gettando le basi di una autoctona tradizione storica, con i propri miti e leggende. Non è un caso che il richiamo storico qui è alle popolazioni del nord: i celti, i veneti i liguri schiacciati dall’impero romano e alla tradizione dei Comuni che si battevano contro gli imperi unitari papalini e monarchici.
Nel dicembre 1996 nasce il primo quotidiano della Lega: La Padania, mentre nel 1997 nasce Radio Padania Libera. Anche in questo si assiste ad uno strano fenomeno, il modello del partito-territoriale è in crisi cosi come le sue articolazioni nella società, i quotidiani di partito vengono vissuti come un retaggio ideologico del passato, la Lega invece investe in un suo organo specifico, e in poco tempo diventa uno strumento letto che copre le regioni del Nord, non è difficile trovare oggi in molti bar accanto al quotidiano locale anche il quotidiano della Lega. Un simile fenomeno lo si poteva avere anni fa con l’Unità o Paese Sera. La Padania è un quotidiano rozzo sia graficamente sia a livello di contenuti, è tuttavia semplice nella lettura e ha un nutrito numero di pagine che descrivono l’attività del partito e del movimento popolare leghista sul territorio. E’ un classico giornale per l’agit-prop, pensato per chi lo può leggere mentre prende la metro per andare al lavoro, o nei minuti finali della pausa mensa.

L’araba fenice
Data più volte come esperienza finita ha saputo come una araba fenice in questi anni svilupparsi e rinascere avendo un ragguardevole 7-8% di voto su scale nazionale, con un voto ovviamente concentrato nelle regioni del nord. In questi ultimi anni inoltre sta sviluppandosi anche dopo la linea del Po sfondando nelle ex regioni rosse, che stanno vivendo la fine del loro modello economico-politico.
La Lega è il partito che negli ultimi 15 anni ha portato più giovani in Parlamento. Al contrario degli altri partiti, nell’ultima tornata elettorale non li ha confinati a piè di lista, dove si poteva stare sicuri che non venissero eletti (1). I detrattori dicono che i giovani trovino più spazio nella Lega perché «danno meno problemi», rispettano le gerarchie. In effetti, i giovani della Lega (compresi quelli che entrano in Parlamento) sono poco istruiti, ma rispondono ad un preciso territorio e comunità. Al popolo leghista non interessa tanto la qualità intellettuale dei singoli, quanto al loro rapporto col territorio. È la comunità di appartenenza che li identifica, piuttosto che il loro curriculum e le loro competenze. Per entrare nella Lega come militanti, per aspirare a cariche amministrative o a candidature alle politiche, bisogna prima ricevere il «gradimento» di una comunità di iscritti. Vi è infine la supervisione della dirigenza che nei casi più alti riguarda l’assenso diretto che deve dare il leader Umberto Bossi. Questa scelta non viene percepita come un’imposizione dall’alto perché avviene nell’ambito di una effettiva leaderschip che comanda non solamente in base al potere economico ma in base ad una autorevolezza conquistata negli anni. Bossi è uno dei pochi leader che mantiene con il suo popolo un rapporto di identificazione immediata, ben diverso è il rapporto che esiste tra Berlusconi e il PdL (sucesso imprenditoriale) o Veltroni con il PD (anche se in questo caso vista la babele a sinistra è una forzatura già parlare di leader).
Oggi governa numerose città (a Bergamo e Verona è il partito di maggioranza superando il 30%) e ricopre numerosi incarichi istituzionali e ministeriali.
Accanto al partito si è sviluppata una fitta rete di associazioni e organismi di massa: i Padani nel Mondo, la Guardia Nazionale Padana, SportPadania, Padania Calcio, Associazione Liberi Padani Escursionisti, Padas, Automobil Club Padano, Autisti Padani, Eurocamp, Professionisti-Imprenditori Uniti, Collezionisti Padani, Arte Nord, Cattolici Padani, Centro Culturale "Roberto Ronchi", il SIN. PA. sindacato dei lavoratori padani (2) e i giovani padani. Ha aperto scuole padane e istituito delle istituzioni parallele. Oltre a questo si conta una vastissima rete di sedi e circoli, cosi come di feste e manifestazioni pubbliche padane. Il rapporto tra Partito e movimento e associazioni è strettamente verticale, dove è il piano politico che comanda su tutto. È un partito rivendicativo, con finalità redistributive, che opera anche come un “sindacato del territorio”. Questo rapporto è anch’esso in controtendenza di fronte ai fenomeni politico-sociali attuali, basti pensare che il rapporto tra PRC e CGIL è immediatamente rovesciato a favore del sindacato, cosi come è in molti casi il rapporto tra PRC e Centri Sociali. Non è questa la sede per decidere quale modello è in astratto il migliore, tuttavia è evidente che di fronte a questo contesto la Lega è una delle poche forze in Italia con una forte direzione politica indipendente (3).

La politica padana
La matrice politica della Lega non è riconducibile ad un solo filone politico culturale. E’ un partito nato dentro il disfacimento degli storici partiti di massa italiani: DC, PCI e PSI, che avevano una forte natura “unitaria nazionale”. Le storie politiche dei suoi leader sono le più disparate si va dall’estrema sinistra di un Maroni (ex DP) alla sinistra Bossi (ex PCI) a ex democristiani e liberali ma anche all’estrema destra come Borghezio (ex Giovane Europa, movimento fondato dall'ex SS Jean Thiriart, principale teorico del movimento nazional-rivoluzionario in Europa) o Tosi sindaco di Verona. Il programma leghista si richiama all’indipendenza della Padania e per molti versi si ispira alle elaborazioni di Gianfranco Miglio (1918-2001). Miglio sosteneva la piena legittimità del diritto di secessione della Padania dall'Italia come sottospecie del più antico diritto di resistenza medievale. Miglio è stato un giurista e politico italiano, fu un sostenitore di ipotesi di trasformazione dello Stato italiano in senso federale o, addirittura, confederale. Costituzionalista, fu senatore della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura. Fu militante della Lega Nord, in rappresentanza della quale fu anche senatore, prima di "rompere" con Umberto Bossi e dar vita alla breve stagione del Partito Federalista.

Il feticcio del federalismo
Anche se per molti versi è apparsa “ridicola” l’ossessivo richiamo alla Padania da parte dei leghisti, come entità diversa dall’Italia, la matrice storica-culturale di questa elaborazione in realtà a una sua legittimità storica. L’unità statale italiana, è recente se si paragona alla formazione statale dei principali stati europei, inoltre la storia politica unitaria non è priva di contraddizioni: il processo unitario rappresento per molti versi la piemontizzazione del Nord Italia e successivamente l’annessione forzata del sud al nord. E’ significativo osservare che al di la della retorica risorgimentale vi fu sempre una diversa percezione del processo unitario tra Piemonte, Lombardia e Veneto. L’intellighenzia lombardo-veneta, delegò il processo unitario alla monarchia sabauda, ma non rinunciò alla sua peculiarità regionale. E’ interessante analizzare il processo di formazione dell’intellighenzia lombarda, come ad esempio Carlo Cattaneo, che nutriva una scarsissima simpatia per la società sabauda e per le sue istituzioni, ma era consapevole dei ritardi della società lombarda rispetto al Nord Europa (visto all’epoca come faro di civiltà e progresso), e questo progresso lo si poteva raggiungere solo attraverso una indipendenza italiana nei confronti delle monarchia asburgica. Per fare questo era necessaria la forza militare e la capacità politica della monarchia sabauda.
Queste divisioni assumeranno contorni ben più ampi, se si analizza l’unificazione italiana, e le problematiche tra settentrione-meridione, dove per molti versi si assistette ad un vero e proprio spirito coloniale settentrionale. Per molti versi l’epoca risorgimentale che si fa chiudere con l’unità d’Italia, andrebbe considerata come un risorgimento settentrionale, dove al suo interno agivano diverse forze tra loro contrapposte, ma con un obiettivo comune: agganciare l’Italia al “progresso” del nord Europa. Obiettivo comune che si espliciterà ancor più nella conquista del meridione
La sinistra italiana ha dovuto fare sua la storia unitaria, in quanto rappresentava oggettivamente un livello di sviluppo per la società e classi italiane, tuttavia questo a misconosciuto gli strappi e le lacerazioni che questo processo unitario creava, basti pensare alla sottovalutazione del fenomeno del brigantaggio e il suo carattere duplice (reazionario ma al tempo stesso resistente). Autori come Gramsci coglieranno la drammaticità e ambivalenza del fenomeno di quello che fu il brigantaggio, e le relative diverse italie. Tuttavia la storia italiana dall’inizio del secolo ha avuto tratti cosi fortemente unitari che queste considerazioni apparivano ormai “storicizzate” o considerate unicamente sotto il profilo del ritardo di sviluppo economico. Il fascismo e successivamente l’arco partitico costituzionale nato dopo la lotta contro il nazifascismo, impresse ancor più una dimensione unitaria, favorito anche da un progresso economico, che massificava la cultura, i costumi e i consumi. Bisogna tuttavia ricordare come anche dentro i movimenti di liberazione partigiani conviveva una spinta anti-unitaria, non qui intesa come anti-italiana, ma come considerazione di una molteplicità di italie. Numerose repubbliche partigiane e brigate controllate dai comunisti, del Nord Italia, auspicavano una suddivisione dell’Italia, con un nord che guardasse ad est e un sud ad ovest.
La fine della cosiddetta Prima Repubblica e il disfacimento dei partiti (che coincide anche con il disfacimento del blocco ad est nell’89) ridisegna un nuovo contesto politico in Italia. Accanto a questo vi sarà un profondo stravolgimento economico, che porterà alla fine del triangolo industriale classico e ad una serie di nuove forze economiche come nel caso del nord-est. Sul piano internazionale l’estensione dell’imperialismo con una nuova competizione globale provocherà fenomeni di difesa comunitaria, in quanto la competizione globale creerà tempi sempre più ridotti nel produrre, consumare e distruggere merce e risorse.
La Lega quindi nasce in questo contesto, rifacendosi ad un modello antiunitario e ponendosi a difesa di merci e persone di fronte alla velocità del sistema di produzione capitalista attuale.
Difesa che non per forza di cosa sarà declinato nell’essere “contro” ma nel garantire uno sviluppo ad una imprenditoria e società che dentro una dimensione globale rischia di essere travolta. Se l’Italia unita garantiva un tempo un doloroso ma necessario sistema per il benessere economico politico locale, oggi aprendosi una competizione globale su più livelli può essere possibile trasformarsi in entità economiche-politiche più piccole, che attraverso un partenschip con paesi più grandi e non necessariamente l’Italia, garantiscono un più rapido sviluppo e benessere, ciò è in sintesi il credo leghista di fronte alla competizione globale..
Il sentimento contro il relativo stato unitario, era legato a quello che rappresentavano i partiti nazionali: inefficienza, ruberie, e una politica centrale spesso visto con diffidenza in quanto non se ne coglieva la declinazione locale (4). E’interessante osservare come in regioni bianche o legate al centro-sinistra (DC-PSI) vi sarà un travaso di voti e identità per la Lega da parte di quegli stessi dirigenti che anni prima avevano militato nei rispettivi partiti nazionali, ma rimasti sempre ai margini delle grandi scelte nazionali. Inoltre vi era una rivincita della politica sull’economia, nata proprio negli anni della repubblica, in una suddivisione che vedeva nel nord l’inteligenza della economia italiana e al centro-sud la politica. Per il popolo leghista era finita la necessita di avere partiti unitari nazionali in chiave atlantista, visto la dissoluzione dei paesi dell’Est. Era quindi divenuta insopportabile il primato della politica al centro-sud in quanto non aveva a differenza del nord una economia che la sosteneva dentro la nuova competizione globale.

Dai terroni agli extracomunitari. Il viraggio dell’odio
L’odio contro i meridionali, e contro Roma, tuttavia si smorzerà, per dirigersi verso l’odio e paura verso gli extracomunitari. Questo facilitato dal cambiamento della composizione di classe nel quadro operaio e delle basse qualifiche. Se un tempo era il meridionale quello che veniva a lavorare al nord, oggi è l’operaio extracomunitario, e qui la Lega da piena rappresentanza alle lamentele degli operai del nord schiacciati dalla concorrenza degli extracomunitari.
In questo caso il passaggio è indolore, in quanto se con i meridionali, si cozza contro uno stato unitario, e con nuovi partiti nazionali (con cui si organizzavano alleanze), con gli extracomunitari si può individuare un nemico alla portata di tutti semplice e facile su cui indirizzare una propria campagna identitaria.
Un operaio meridionale, si poteva trasformare in un leghista, e quando non lo diventa lo si può trattare alla pari in quanto cittadino di un medesimo stato nazionale o di un possibile stato alleato. Gli extracomunitari sono invece esterni alla comunità e anche quando lavorano sono considerati esplicitamente lavoratori al servizio della ricchezza del popolo padano, che in cambio gli da la possibilità di lavorare nella propria comunità. Il passaggio è evidente, se un meridionale alla peggio era un “terrone” in quanto figlio di un'altra Italia un extracomunitario è uno schiavo o moderno servo della gleba. Possono esistere delle similitudini drammatiche nel trattamento dei meridionali al nord negli anni 50-60 con quello che passano ora gli extracomunitari, tuttavia la loro condizione è inferiore in quanto non sono neppure cittadini del medesimo stato. Rispetto al problema dei meridionali al nord erano gli stessi partiti nazionali di destra-centro-sinistra a smussare le differenze e a mettere al centro sempre la dimensione nazionale, riuscendo a incanalare le diverse Italie in un'unica, magari attraverso programmi e fini diversi ma che raggiungevano il medesimo scopo.
Oggi per esempio gli extracomunitari sono tutti mussulmani, anche quando sono rumeni e cattolicissimi. Questo è un effetto della competizione globale che inasprisce i contorni dell’identità culturale delle aree del pianeta. Rendendo le zone ricche sempre più aggressive di fronte al manifestarsi di una polarizzazione sempre più drammatica e crudele. Cementificando un rapporto interclassista tra le comunità che vivono nelle zone del pianeta più ricche.
La Lega a quindi in se più soggetti: l’imprenditore del nord est (spesso ex operaio) l’operaio qualificato del nord, il libero professionista schiacciato da una burocrazia e da un sistema contributivo che non gli permette di utilizzare in pieno il suo capitale, il pensionato non più garantito da uno stato sociale sempre più assente, il giovane disgustato da una incomprensibile divisione tra destre e sinistra e spesso precario, la casalinga di Voghera spaventata da donne che vestono strani abiti.. Qui sta forse l’elemento centrale di quello che è stato il successo della Lega, l’essere un moderno partito popolare che fa convivere varie fasce sociali al suo interno ma pone al centro la dimensione della tradizione popolare. L’imprenditore anche quando a 1000 dipendenti è un operaio che produce per la Padania, la velina che partecipa a miss padania non è “una leggera” ma una ragazza che rende più bella la sua terra, poi anche se questo non è vero, ed è solamente uno specchio ideologico, tiene comunque, perché si basa su quella cementificazione di interessi di una determinata comunità che si sente accerchiata da chi sta peggio di lei.

Un moderno partito popolare di estrema destra
La Lega è riuscita a rendere attuali le più feconde elaborazioni del fascismo e del nazional-socialismo tedesco, non qui inteso come spinta unitaria, potenza imperiale romana, o di una superiorità della razza, ma nella capacità di essere un moderno partito di estrema destra di massa, che non è più una accozzaglia di nostalgici e difensori di un metafisico ordine, ma di una determinata comunità (5). Di fronte poi ad una sinistra che ha abdicato al principio dell’interesse di classe, inteso come interesse della solidarietà tra lavoratori, per sposare etica dei diritti indefiniti, questo fa si che intere fette di lavoro salariato al nord guardino con interesse alla Lega. Oggi si può dire che non è la CGIL che ha molti tesserati della Lega, ma sono i leghisti che hanno molte tessere sindacali della CGIL.
Il ritardo con cui la sinistra di classe si è posta di fronte alla nuova magmatica composizione di classe e alle fasce immigrate a favorito questa dimensione comunitaria tra le fasce popolari. Non è raro sentire dire che interi settori sociali si possono lasciar stare perché non possono essere organizzati, questo indirettamente è un invito a cementificare tra la comunità locale popolare nuovi muri. Se la solidarietà e l’unione di classe non vengono incanalate dentro una dimensione di utilità sicuramente rende più facile per una forza comunitaria prendere il sopravvento.
La Lega è riuscita a passare indenne anche da tangentopoli, anzi ne rappresentò una delle formazioni che più gioverà del clima giustizialista, la cosa può apparire contraddittoria, in quanto anche la Lega era caduta dentro le reti del pool di mani pulite, ma non ne riceverà nessun danno, in quanto percepita come forza nuova e pulita che si batteva contro la vecchia politica, vicina ai cittadini e al territorio. La stessa campagna di Grillo e contro la casta ha reso ancor più forte la Lega, che pur dovendo in alcuni casi distinguersi da queste tematiche, in quanto alleata con forze partitiche unitarie, al suo interno ne condivideva lo spirito iconoclasta.
Pur conservando una spinta secessionista e antimondialista, e mantenendo inalterata una vocazione eversiva, che affiora anche in modo goffo attraverso il richiamo alle armi e alle guardie padane, la Lega si è adeguata ad uno scambio politico tra determinate forze nazionali del paese, riuscendo a mettere al centro del dibattito nazionale il federalismo. Avviene cosi uno strano fenomeno, da un parte abbiamo una maggiore capacità di penetrazione dentro lo stato unitario dei ministri e figure istituzionali leghiste (oggi hanno addirittura il controllo di una rete televisiva nazionale) ma al tempo stesso si mantiene quella identità forte e popolare che fa si che la Lega sia sempre vista come “rivoluzionaria” rispetto al consociativismo dei partiti perché ancorata alla sua base sociale e alla sua comunità territoriale. Sul suo organo si attaccano gli operai che organizzano picchetti, si difendono i crumiri, in nome di un popolo che lavora che vuole produrre ricchezza. E se esistono contraddizioni queste sono legate alla voracità del “mondialismo”o ai nuovi barbari gli extracomunitari “non cittadini”.

Noi e loro
Oggi si potrebbe dire che il peggior prodotto del leghismo è l’antileghismo, ossia l’incapacità di vedere come possa esistere una forza di destra popolare in Italia. La sinistra ha perso da diverso tempo la sua forza egemonica, e ragiona ancora con schemi del passato che portano a vedere con ironia il fenomeno Lega, non accorgendosi che questa formazione è la punta di un iceberg, che attraversa le principali forze nazionali del paese nel settentrione (6). E’ paradossalmente la parte più consapevole del paese che accetta la nuova fase imposta dalla competizione globale assumendosi tutte le necessarie scelte radicali: dalla guerra economica a quella di civiltà. Non è un caso che indirettamente il maggior teorico del governo di centro destra sia uno dei maggiori punti di riferimento della Lega: Giulio Tremonti, personaggio che maggiormente incarna lo spirito che combina protezionismo popolare e strategie generali internazionali per il paese.
La semplicità degli slogan e la rapidità con cui si manifesta il programma della Lega vanno di pari passo con la creazione di un nemico accessibile a tutti: gli immigrati e un mondialismo di cui non se ne capiscono i vantaggi sul piano locale. Ovviamente assistiamo ad un programma contradditorio, visto che è proprio grazie ad una nuova competizione globale che regioni come il nord est si sono sviluppate, o è proprio grazie alla forza lavoro immigrata e al precariato (favorito anche dalla Lega) che si crea il Nord nella sua ricchezza, tuttavia queste contraddizioni sono ancora oggi governate dentro il progetto di una Padania libera, troppo accerchiata dai nemici interni ed esterni per essere vista in modo ambiguo dal popolo leghista. In nome dello slogan di Padania Libera si accettano i compromessi i sacrifici anche di fronte agli stessi giovani precari leghisti. Questa esperienza non è destinata a sparire ma a svilupparsi ulteriormente in quanto la situazione sociale ne garantisce una naturale crescita. Oggi per la sinistra di classe è opportuno ragionare di come esista e si sviluppi sul terreno popolare una dimensione di classe di destra, che rifugge dalle vecchie ideologie e sa declinare secondo il suo programma le tensioni e contraddizioni che attraversa il nord oggi. Contrastare oggi la Lega vuol dire non accusarla perché rozza, ma saper mettere in contraddizione la sua base, di organizzare e dare forza e identità a quello che per un lavoratore leghista è visto come il nemico, e dimostrare sul terreno di classe che la forza del suo nemico può diventare una sua forza futura. Inoltre è opportuno rimettere al centro la questione geopolitica, in quanto solo attraverso una seria analisi dei processi internazionali si capisce la debolezza di un programma politico che vuole dividere uno stato nazionale o declinato trasnazionalmente come nel caso europeo o mediterraneo.

Note
1)La diffusione della Lega tra i giovani è un fatto ormai conclamato in tutto il Nord Italia, gli stessi gruppi giovanili di estrema destra hanno dovuto iniziare ad intavolare un rapporto con le organizzazioni giovanili padane, in quanto rischiavano di essere completamente assorbite. Il caso più evidente è il gruppo dirigente veronese con alla guida il sindaco Tosi, che è riuscito ad assorbire dentro la Lega la variegata estrema destra giovanile veronese. La presenza di giovani nel gruppo dirigente leghista è inoltre una dimostrazione immediata di novità di fronte all’età media della politica Italiana, che molte spesso si basa su quadri nati politicamente tra gli anni 60-70.
2)Dal programma manifesto del Sin. Pa.: “Ci stanno portando via le "nostre" aziende, stanno cancellando il nostro passato ed offuscando il futuro.”. Siamo di fronte ad un nuovo modello sindacale basato sulle corporazioni dove esiste un forte collegamento tra il piccolo imprenditore e le maestranze operaie, in quanto ambedue schiacciate dalla competizione globale
3)Nelle nostre elaborazioni spesso abbiamo indicato come il piano sociale sia più avanzato del piano politico, ma se questo è vero nella realtà, è anche un sintomo della nostra debolezza intesa come sinistra di classe. Ci si può difendere e dare organizzazione ma anche di fronte ad una crescità numerica organizzativa del blocco sociale antagonista se questa va di pari passo con un arretramento generale sul piano dei rapporti di forza, non offre nessuna possibilità di sviluppo. Oggi di fronte ai processi di crisi economici e geopolitica e al magmatico cambiamento della composizione di classe siamo ancora incapaci di offrire una prospettiva credibile di sviluppo. Un simile tentativo, anche se ancora embrionale, si sta ponendo oggi invece, tra la sinistra sud americana e asiatica.
4) Dimenticandosi che per molti versi il “progresso” del Nord era figlio di quello che fu la spinta unitaria e coloniale del Nord rispetto al Sud Italia.
5) Vi sono forti analogie, anche se bisogna relativizzare il periodo storico, con l’impianto delle Sturmabteilungen (squadre d’assalto più note come SA) le prime organizzazioni d’azione dei gruppi nazisti. Le SA contavano tre milioni di uomini ed erano soprannominate Beefsteak (bistecca - nera fuori, rossa dentro), perché ne facevano parte numerosi ex socialdemocratici ed ex comunisti, il loro programma era rigidamente nazional-socialista, fortemente protezionista in chiave economica e contrario all’allora mundialismo, mettevano in discussione la direzione monarchica che aveva portato la Germania alla guerra e si ponevano come neutralisti da un punto di vista internazionale.
Solo in un secondo periodo con il mutare posizione del Partito Nazista rispetto ai gruppi dirigenti economici militari tedeschi la SA verranno distrutte militarmente dalle SS anch’esse del Partito Nazista nel 1934. Una dimensione reazionaria-rivoluzionaria fortemente localista e comunitaria si è già data e come un tempo a riscosso numerosi consensi tra le fasce popolari e tra gli stessi militanti di sinistra. Questo risponde ad una oggettivo comportamento che può avere la massa popolare, in un periodo di rivolgimenti e di cambiamenti socio-economici. Spesso la sirena della conservazione locale è quella che garantisce la propria sopravvivenza immediata. Lo stesso proletariato nel suo oggettivo difendersi nella lotta di classe agisce anche come forza che vuole conservarsi, non è un caso che lo spostamento dei rapporti di forza tra le classi è implicitamente un negare da parte dei proletari stessi la propria condizione di sudditanza. In questo senso la Lega Nord è un partito per la conservazione popolare e per molti versi per una conservazione proletaria autoctona. E’ capitato a molti compagni di incontrare semplici militanti o quadri leghisti o ex leghisti non pentiti intervenire e partecipare a favore della mobilitazione per il No dal Molin, perchè vissuta come difesa della propria comunità anche sotto uno spirito antimondialista, ricordando che anche la Lega si era opposta alla guerra in Serbia.
6)All’ultima Festa dell’Unità a Bologna l’incontro che maggiormente a destato interesse e partecipazione è stato quello tra il sindaco Tosi e Cofferati, senza ironia il segretario della Federazione Locale della Lega in Emila parlava del loro partito come il vero PCI, ossia la vera forza che rappresenta oggi gli interessi popolari in Italia.

mercoledì 17 settembre 2008

Il Nord e la Padania. L'Italia delle regioni


Il Nord e la Padania. L'Italia delle regioni

di Mainardi Roberto


Editore Bruno Mondadori 2008


Questo studio, riproposto a diversi anni dalla sua prima pubblicazione, non solo testimonia l'intelligenza storica di Roberto Mainardi, ma conserva anche intatta la capacità di inquadrare le problematiche di quest'area all'interno della nuova geografia dell'Europa delineatasi con la fine del bipolarismo: una premessa fondamentale per comprendere la "questione settentrionale che si è inserita con forza nell'agenda politica italiana all'inizio degli anni novanta. Della grande regione padano-alpina, area forte dello spazio economico europeo, in posizione di cerniera fra l'Unione e il Mediterraneo, vengono individuati i lineamenti geografico-economici, la matrice storica di uno sviluppo territorialmente molto differenziato e i rapporti di cooperazione e competizione fra grandi poli terziari, distretti industriali, zone turistiche agricole. La competitività internazionale e il benessere diffuso sono fenomeni recenti, soprattutto nella Padania nordorientale, ma l'organizzazione attuale del territorio affonda le sue radici in più di venti secoli di storia, di cui edifici monumentali e paesaggi sono testimonianze visibili ed elementi fondanti di identità a cui le sfide del XXI secolo restituiscono vitalità.

mercoledì 10 settembre 2008

La questione settentrionale. Economia e società in trasformazione


Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore Luogo di edizione: Milano Collana: Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Pagine: XXX - 466 Anno di pubblicazione: 2007

Il libro
Al passaggio del secolo, la “questione settentrionale” si è imposta come un tema ricorrente e centrale dell’agenda politica italiana. Attualizzata periodicamente come un’emergenza nazionale, essa affonda in realtà le proprie radici in una diversificazione territoriale sedimentatasi nei secoli, che ha reso il Nord d’Italia l’area del paese più strettamente integrata con l’Europa e ne ha fatto il maggiore protagonista del processo di sviluppo.
I saggi, gli studi e le interpretazioni del sistema economico e sociale dell’Italia settentrionale presenti in questo “Annale” propongono una lettura complessiva, del quadro attuale, ma anche delle lunghe premesse della “questione settentrionale”. Da un lato, il volume si misura con le specificità storiche del territorio, con le dinamiche evolutive che ne hanno guidato la crescita, con i mutevoli confini della sua geografia politica. Dall’altro, presenta il tentativo organico di analizzare la fase più recente di una trasformazione tuttora in atto. Documenta con ampiezza e originalità i mutamenti in corso nella struttura economica, che stanno modificando i lineamenti del modello di capitalismo, insieme con i profili dei soggetti sociali che lo animano. Scandaglia in profondità i cambiamenti morfologici e di strategia degli agenti economici e i differenti assetti cui la loro variazione sta conducendo. Imprese industriali e banche, lavoro dipendente e lavoro autonomo, sono gli attori di un complesso itinerario che non modifica soltanto il paesaggio materiale e sociale del Nord, ma altera i fondamenti stessi della crescita che ha sorretto la storia d’Italia nel Novecento.

Indice del volume
Giuseppe Berta , Il Nord Italia: una trasformazione in attoLuciano Cafagna, La questione settentrionale nell’Italia contemporanea: un’autointervista Giorgio Bigatti, Marco Meriggi, I mutevoli confini storici del NordEdmondo Berselli, La costruzione geopolitica del Nord e l’espulsione dell’EmiliaAldo Bonomi, Vie italiane al postfordismo: dal capitalismo molecolare al capitalismo personaleGiampaolo Vitali, Gli indicatori della trasformazioneCristiano Antonelli, Pier Paolo Patrucco, Francesco Quatraro, Transizioni tecnologiche e modelli economiciFabio Lavista, Il declino della grande impresaAldo Enrietti, L’industria dell’auto fra crisi e trasformazionePaolo Bricco, Dalla crisi della grande impresa all’imprenditorialità diffusa: la Olivetti e l’EporedieseFulvio Coltorti, Un nuovo protagonista economico: la media impresaGiandomenico Piluso, Nuovi circuiti finanziari e sistema bancario