domenica 26 ottobre 2008

cronache dal profondo nord 2 puntata

Cronache dal profondo nord
Inchiesta / seconda puntata*

La “questione settentrionale” cenni storici


Dopo la prima puntata dedicata al fenomeno politico-sociale leghista, continuiamo questo percorso interno alla questione settentrionale.E’ ormai da 20 anni che si parla della “questione settentrionale” come fenomeno politico nazionale. La “questione settentrionale” esplose dentro le profonde mutazioni geopolitiche ed economiche alla fine degli anni 80. Cambiamenti che ovviamente avevano una radice più antica (1), ma che si manifestarono in tutta la loro ampiezza con il disfacimento della cosiddetta prima repubblica. La questione settentrionale è oggi posta sullo stesso piano della questione meridionale, e addirittura la sorpassa per importanza rispetto all’opinione pubblica, anche grazie alla nascita di movimenti politici che si sono fatti portatori di questa istanza. Questi movimenti che possiamo definire di “destra”(2) hanno di fatto accelerato un processo ormai in atto, travolgendo in gran parte i vecchi paradigmi di sinistra o in alcuni casi sussumendoli. Il punto su cui questa questione settentrionale assume maggior rilievo è la divisione che esiste tra produttori e non-produttori, produzione che non va letta unicamente sotto il profilo industriale ma di sviluppo e ricerca. In questo senso la questione settentrionale rompe con la dimensione unitaria nazionale, non sopportando più le diverse velocità del paese, e non vergognandosi più del suo potere e benessere diffuso, anzi questo elemento viene messo al centro di una strategia dentro un nuovo contesto geopolitico mondiale: il benessere va difeso con ogni mezzo necessario, a costo di ridisegnare gli equilibri geopolitici nazionali. Basta pensare che oggi il premier della Repubblica italiana è prima di tutto un milanese, e dopo un italiano. In quanto milanese può amare Napoli, Bari, la Sicilia e anche Roma, ma rimane comunque un milanese. Questo può apparire una valutazione semplicistica ma in realtà offre un chiaro esempio di quella rottura che c’è stata nel paese, dove il potere politico era essenzialmente unitario e dopo si ramificava nel territorio, oggi questo è invertito. Non è un caso che i maggiori deficit di consenso politico esistano proprio a sinistra e in alcune formazioni di destra che ancora oggi hanno uno schema unitario. Lo stesso dibattito che attraversa il PD è sintomatico, posizioni come quella di Cacciari, sono forse minoritarie sotto il profilo organizzativo, ma hanno un indiretto appoggio di tutto l’arco amministrativo del PD del nord. Il filosofo-sindaco di Venezia è da diverso tempo che si pone il problema di ridisegnare una strategia per la “sinistra” del nord, sotto il suo influsso rientrano le recenti torsioni dell’area dei centro sociali del nord est, che hanno di fatto teorizzato una “lega di sinistra”, non è raro vedere sventolare sui centri sociali del nord est bandiere rosse…ma con il simbolo del leone di San Marco.
La dicitura specifica di “questione settentrionale” è in realtà nata anni fa. Fu creata polemicamente in contrapposizione alla dominante “questione meridionale”. Un primo elemento del perché si iniziò a parlare di una questione settentrionale fu il problema della disoccupazione, che era visto sotto il profilo squisitamente unitario e quindi con una lettura “meridionale”. La disoccupazione veniva considerata “strutturale”, ma sarà proprio lo sviluppo del nord a rompere questo meccanismo attraverso il boom degli anni 60. Ricerca e formazione di manodopera, immigrazione e congestione urbana, nuove esigenze di dotazioni infrastrutturali, le prospettive del macchinismo e dell’ “automazione” porteranno a sovvertire gli stessi termini della “questione meridionale” vista essenzialmente come “questione agraria” ossia legata alla redistribuzione della terra. Se esisteva ed esiste una macroscopica questione meridionale in Italia, questa ha però falsato o reso parziale il piano di lettura per le modificazioni al nord. Un esempio è il flusso negli anni 50-60 dell’immigrazione meridionale e ciò che comportò nel tessuto autoctono settentrionale e nelle rispettive culture e organizzazioni politiche e sociali. Nella versione più attenta della sinistra il cambiamento era visto con gli occhi di chi arrivava e non di chi vedeva l’arrivo, questo meccanismo era per lo più legittimo in quanto erano proprio quelle fasce sociali immigrate che davano gambe allo sviluppo del nord e anche sotto il profilo squisitamente di classe erano le dirette avanguardie del cambiamento sindacale e politico. Tuttavia il non aver analizzato lo sguardo di chi vedeva arrivare ha fatto si che alcune contraddizioni siano rimaste sottotraccia, ma non sopite, e sono bastati alcuni anni perché queste riemergessero. Contraddizioni che hanno inglobato i precedenti flussi e hanno prodotto una nuova comunità sociale del nord, dove non è ovviamente sul piano razziale che si trova il principale legame, ma in quello produttivo e di sviluppo legato ad un preciso territorio.
Troppo spesso la ricerca rispetto alla questione settentrionale è stata misconosciuta dalla sinistra e dai marxisti. Gli intellettuali e i gruppi che si porranno il compito di investigare la questione settentrionale saranno pochissimi, e spesso osteggiati dai grossi blocchi politici . Possiamo ricordare il contributo della rivista “Ragionamenti”, un gruppo di intellettuali cresciuti sotto l’influenza di Adriano Olivetti, Successivamente fu Giangiacomo Feltrinelli a promuovere un Centro di Ricerche Economiche, irritando lo stesso leader del PCI Palmiro Togliatti, centro che iniziò ad approfondire la nuova realtà di sviluppo e trasformazione industriale e tecnologica del Nord Italia. In questa breve carrellata non possiamo non ricordare il contributo di Raniero Panzieri e il gruppo intorno a lui i Quaderni Rossi, che diedero dentro il nuovo contesto industriale del nord Italia nuove teorizzazioni ideologiche per la nascente nuova sinistra. Un autore nato dentro questo nuovo contesto di ricerca fu Danilo Montaldi (3). Montaldi fu un politico e un ricercatore eretico. Fu uno dei pochi autori della nuova sinistra nato dentro la cultura politica della sinistra comunista italiana e dalle correnti neo-consiliari francesi (4). La sua lente di ricerca era rivolta verso quel macroscopico mondo post contadino che viveva nelle province. Non era quindi unicamente la metropoli, la grande industria del nord ad essere analizzata ma le valli, gli uomini del Po, le piccole cittadine della val padana (5). Vi sono almeno due libri che in modo superlativo descrivono con gli occhi del nord i cambiamenti e le mutazioni in atto nel paese negli anni 50-60: Autobiografie della leggera(6), e Militanti politici di base(7). I due testi sotto il profilo squisitamente statistico non possono essere considerati scientifici, tuttavia vi è una capacità di lettura profonda dei mutamenti in atto, attraverso la viva voce dei protagonisti. Vengono descritti, nei due libri, i diversi atteggiamenti di fronte alle modificazioni repentine del nord, con la relativa rottura delle precedenti comunità sociali e politiche. I protagonisti dei due saggi sono gli emarginati dai cento incerti mestieri e dall’esistenza precaria, sono i militanti politici della bassa padana, contadini e operai inseriti in piccole unità produttive. Scriviamo questo non perché innamorati della memoria storica del nord, ma perché vi è stato un miope atteggiamento della sinistra che basandosi unicamente sulla “questione meridionale” si batteva per riannodare i fili della storia di classe del sud Italia, difendendo le tradizioni più nobili di tale terra, ma lasciava praticamente cadere nel dimenticatoio lo stesso fenomeno che avveniva al nord. La difesa dei dialetti, della cultura contadina veniva vista come “difesa di classe” unicamente sotto il profilo meridionale.Non è un caso che i fenomeni recenti di politicizzazione della questione settentrionale non partano dalla grandi città metropolitane, che hanno di fatto centrifugato tutto e tutti, ma dalle valli e dalle diverse “basse”. Inoltre queste zone “periferiche” hanno visto negli ultimi anni un poderoso sviluppo produttivo, di fronte ad una contrazione delle zone propriamente metropolitane del vecchio triangolo industriale (GE-TO-MI) creando una vera e propria “megalopoli padana” dove tuttavia la velocità di immagazzinamento e omologazione di una città metropolitana è diluita in un territorio più vasto smorzandone gli effetti. L’importanza economica e politica di una simile area creava quindi il presupposto per lo sviluppo di una nuova tensione settentrionale.E’ in questo senso che riappare dentro la questione settentrionale il problema non unicamente simbolico dell’identità. Dentro questo nuovo spazio, la “megalopoli padana”, acquisisce importanza la tradizione e le diverse anime del nord. Tutto questo sarà di fatto raccolto quasi unicamente dalla “destra” nel nostro paese.
Un discorso a parte meriterebbe l’analisi del PCI sulla questione settentrionale, e nello specifico rispetto alla problematica emiliana. Togliatti attraverso l’Emilia, renderà pratica la sua “via italiana al socialismo”. Non è nostra intenzione dare un giudizio sulla bontà di questo progetto, ci interessa in questa sede osservare come di fronte ad un determinato territorio il PCI svilupperà una sua originale via al socialismo.Tuttavia il PCI rimarrà rispetto alla questione settentrionale complessiva schiacciato dentro la dinamica della questione meridionale e al massimo studierà i fenomeni dentro le metropoli del nord, spesso rincorrendo sul piano teorico la nuova sinistra italiana, nata per lo più dentro la sinistra socialista. Non avrà la capacità di analisi complessiva rispetto al mutamento delle diverse Italie. Questo ritardo lo pagherà caro sia nei convulsi anni 70 sia nello scioglimento della sua esperienza alla fine degli anni 80. L’Emilia invece rappresenterà una anomalia rispetto al piano d’analisi del PCI riuscendo a teorizzare un modello che gli sopravviverà, anche se è ormai in fase calante. Ci ripromettiamo nella terza puntata di “cronache dal profondo nord” di investigare nello specifico la questione emiliana.
Recentemente di fronte ai bruschi mutamenti politici e produttivi del paese e nello specifico del nord Italia è apparsa una nuova letteratura rispetto alla questione settentrionale. Il testo che maggiormente ha riscosso successo, almeno negli ambiti di sinistra, è il saggio di Aldo Bonomi: Il capitalismo molecolare. La società al lavoro nel Nord Italia (8). Attorno a questo ricercatore si è creata tutta una schiera di autori, che hanno iniziato a descrivere la fine del triangolo industriale e lo sviluppo della “megalopoli padana”. Il libro offre spunti interessanti e per molti versi corretti rispetto ai cambiamenti in atto e alle nuove figure sociali e comunitarie che si andavano a costituire nel nord, ha tuttavia un grosso difetto di fondo. Non è una ricerca sulle contraddizioni in atto, ma una celebrazione di questi cambiamenti. Questa testo uscì all’inizio degli anni 90 dentro un contesto contraddistinto da una feroce campagna liberista, sulla spinta della new economy, che metteva al centro del suo ragionamento la fine della storia e quindi della lotta di classe. Si creò l’illusione di un mondo sempre più pacificato e si prevedeva l’avvento di una ridistribuzione economica grazie alle possibilità del mercato finanziario. La cosiddetta epopea del “piccolo e bello” del popolo delle partite iva prese a nuovo soggetto di cambiamento ha di fatto dato forza unicamente a gruppi politici che, dentro una visione neo-comunitaria, hanno sviluppato nuove forme di razzismo e neo-colonialismo, desiderose di difendere il proprio a scapito dell’altro. L’aver posizionato la lente d’inchiesta su un contesto preciso ha fatto dimenticare il contesto mondo su cui questi processi avvenivano e le relative controtendenze. Non è un caso che oggi siamo di fronte ad un silenzio imbarazzante rispetto ai processi di crisi in atto dentro la megalopoli padana. In questo senso la questione settentrionale ha liberato gli “spiriti animali” sopiti per anni, ma sempre presenti dentro la società italiana. La storia del popolo delle valli e del grande fiume si è tramutata in un arma per esercitare il diritto a mantenere il potere e un benessere economico nato anche grazie allo sfruttamento selvaggio di altre zone.
Oggi dentro a nuovi e sempre più veloci cambiamenti geopolitici dovuti ad una sempre più pressante crisi finanziario-produttiva è colpita anche la megalopoli padana, questo mentre vi sono profondi mutamenti nella composizione sociale, basti pensare ai nuovi flussi migratori e alla precarietà diffusa.La questione settentrionale tuttavia non può essere accantonata, in quanto oggi si gioca un partita importantissima dentro questo contesto territoriale, che rappresenta ancor oggi la parte più ricca del paese. Non basta difendere lo Stato di fronte agli “spiriti animali”, in quanto alcune delle contraddizioni emerse sono profondamente reali, ma bisogna riuscire a porsi il compito di cementificare l’unità delle fasce popolari attorno a progetti e organizzazioni che mettano al centro lo sviluppo di una nuova via pubblica e in questo la nefasta utopia del piccolo è bello va abbandonata nel museo della storia. Per almeno un decennio c’è stata da parte della sinistra una mitologia attorno a questo slogan, ampliata dal fenomeno zapatista, oggi lo stesso continente sud americano ci pone di fronte a nuove sfide attraverso la nascita di nuove dinamiche trasnazionali come dimostra il laboratorio degli Stati che hanno fatto proprio lo slogan del socialismo del XXI secolo. Parliamo di questo non per accontentarci di modelli precostituiti, ma come esempio di come le contraddizioni devono essere risolte su un piano generale e non meramente comunitario. Può essere azzardato un simile parallelismo, ma ci sembra che possa cogliere nel segno, rispetto ad un certo atteggiamento della sinistra, qui intesa nelle sue varie sfaccettature, nel provare a governare la complessità del presente. Bisogna riuscire a scoprire e intervenire dentro tutti quei momenti dove si materializza una nuova dimensione di classe che rompe con il particolarismo e pone sul piano degli interessi immediati una nuova cementificazione e organizzazione di classe. La sfida che oggi pongono le principali forze del sindacalismo di base e sociale oggi in Italia va in questa direzione.


Diego Negri




Note


1) Possiamo individuare tre momenti in cui la questione settentrionale assumerà connotati precisi in termini di dibattito e ricerca, vi è un primo momento legato al processo di unificazione dell’Italia a cavallo dell’800-900, un secondo dentro il miracolo economico negli anni 60 e in fine un terzo momento con la fine della prima repubblica alla fine degli anni 80.

2) Sul carattere di destra e l’ampiezza trasversale del fenomeno Lega rimandiamo al nostro precedente intervento: Il popolo leghista. Epopea, mito e realtà del “partito del popolo del nord”. Il materiale è consultabile sul sito: www.contropiano.org e su http://politicaeclasse.blogspot.com/

3) Rimandiamo alla raccolta di saggi di Danilo Montali: Bisogna Sognare, 1952-1975, edito dal Centro di Iniziativa Luca Rossi, 1994, Milano4) Per sinistra comunista italiana si intende quel filone che prende origine dal fondatore del PCdI nel 1921 Amadeo Bordiga, Per neo-consiliarismo, anche se la dicitura è sicuramente deficitaria, si intende l’esperienza della rivista francese Socialisme ou Barbarie e di vari gruppi ed intellettuali degli Stati Uniti. Per maggiori informazioni rimandiamo ai seguenti siti: www.quinterna.org e www.autprol.org

5) Questa attenzione non limitò tuttavia la capacità di inchiesta rispetto alle nuove contraddizioni del nord e alla nuova classe operaia che si stava costituendo come dimostra il saggio: Milano, Corea. Inchiesta sugli immigrati, scritto da Montaldi con Franco Alasia nel marzo del 1960

6) D.Montaldi, Autobiografie della leggera, Torino, Einaudi, 1961

7) D.Montaldi, Militanti politici di base, Torino, Einaudi, 1971

8) A.Bonomi, Il capitalismo molecolare. La società al lavoro nel Nord Italia, Torino, Einaudi, 1997


* La prima puntata: Il popolo leghista. Epopea, mito e realtà del “partito del popolo del nord”. Il materiale è consultabile sul sito: www.contropiano.org e su http://politicaeclasse.blogspot.com/

domenica 19 ottobre 2008

campagna di tesseramento


2° quaderno dell'Associazione Politica e Classe


Salutando l'ottima riuscita dello sciopero generale del 17 ottobre promosso dal sindacalismo di base, l'Associazione Politica e Classe ha fatto uscire il 2° quaderno:


"Il sindacalismo indipendente in Italia, tra competizione globale e fine dei diritti del lavoro", che contiene alcuni materiali del convegno nazionale sul sindacalismo indipendente svolto a Bologna nel giugno del 2008.


Il quaderno contiene due saggi:

-La questione del sindacalismo di base in Italia

-Il nuovo sindacalismo metropolitano


Il quaderno contiene in appendice l'intervento di Giorgio Cremaschi


Il quaderno può essere richiesto contattando il circolo di Bologna dell'Associazione Politica e Classe: via barbieri n.95, politicaeclassebologna@yahoo.it cell:3389255514

sabato 18 ottobre 2008

NOVECENTO


breve corso sul "secolo breve"

1. Il comunismo "all'ordine del giorno" e la controrivoluzione anticomunista (1914-1945)

Ore 21 Mercoledi 12 novembre

2. "Guerra fredda" e consumismo capitalistico (1945-1989)

Ore 21 Mercoledi 19 novembre

3. Sulla "natura sociale" dell'URSS e sulle ragioni della sua caduta (1917-1991)

Ore 21 Mercoledi 26 novembre

4. La vendetta del capitalismo: warfare e workfare e nient'altro

Ore 21 Mercoledi 3 dicembre

Il corso sarà tenuto da Giorgio Gattei (docente Università di Bologna)

presso il Circolo di Bologna dell'Associazione Politica e Classevia Barbieri n.95 (quartiere Bolognina) Bologna

Associazione Politica e Classe-Bologna
politicaeclassebologna@yahoo.it

3389255514


sabato 11 ottobre 2008

report riunione nazionale


REPORT DELLA RIUNIONE NAZIONALE

ASSOCIAZIONE MARXISTA “POLITICA E CLASSE”


il 5 ottobre 2008, a Bologna, la riunione nazionale dell’Associazione Marxista Politica e Classe con all’Ordine del Giorno la ripresa dell’attività politica e culturale dopo la parentesi estiva.

Necessariamente la discussione si è sviluppata a partire dai recenti avvenimenti economici e finanziari internazionali i quali, con iniziale epicentro negli USA, stanno riverberando in ogni parte del globo. E’ evidente, persino agli economisti di parte borghese, che l’attuale crisi non riguarda, unicamente, la Si è svolta cosiddetta bolla immobiliare ed i successivi fallimenti a catena di banche ed assicurazioni. Ciò che è in forte ebollizione è una fase precisa del corso storico del capitalismo (quello della finanziarizzazione o, come è stata denominata negli ultimi anni, l’epoca della finanza creativa). Un movimento del capitale il quale nel suo parossistico ed anarchico procedere sta mostrando il suo carattere disordinato e rovinoso con gravi effetti antisociali.

Nonostante i messaggi rassicuranti provenienti dai vari ambienti dei poteri forti, nonostante le migliaia di miliardi di Dollari ed Euro immessi continuamente dalle banche centrali, nonostante i vertici che si susseguono allo scopo di tranquillizzare i mercati l’attuale crisi finanziaria (la più grande da quella del 1929) continua a correre velocemente ed inesorabilmente nei circuiti mondiali delle borse e degli istituti economici. Infatti, ogni giorno che passa, i fattori di crisi finanziaria si diffondono ovunque superando confini, barriere nazionali e protezionismi di ogni tipologia.

Questa situazione sta configurando un nuovo scenario in cui si va accentuando quella competizione globale interimperialistica che segna, prepotentemente, questo scorcio della mondializzazione del capitale. Una aperta e spietata concorrenza in cui i diversi blocchi politici, economici e militari (USA ed Unione Europea in primis) si rinfacciano responsabilità e colpe iniziando a predisporre, al di là dei sorrisi di facciata espressi nei vari summit, primi, ma significativi, provvedimenti di blindatura e di difesa delle proprie aree di influenza economica e finanziaria. E’ in tale contesto che anche i commentatori solitamente più prudenti cominciano a ventilare lo spettro di guerre finanziarie e la parola sugli scenari comincia a passare dagli economisti agli storici e agli storici dell’economia. Questa crisi muterà la mappa dei rapporti di forza mondiali e le sue ripercussioni non riguarderanno solo gli Stati Uniti ma anche l’Europa.

Nello stesso ridotto italico, a seguito dell’incalzare di questo ciclone finanziario, la politica economica e sociale del governo Berlusconi, orientata prevalentemente verso il modello statunitense di governance e di gestione delle crisi, cancella, di fatto, qualsiasi spazio e possibilità a ciò che residua del fronte “progressista e di sinistra”. Infatti interpretando gli eventi di queste ultime settimane emerge l’impossibilità di rieditare, anche attraverso un futuro cambio governativo, scelte riformistiche o presuntamene tale fondate su impossibili modelli economici di riequilibrio e di redistribuzione sociale.

L’intera “sinistra” continua, dopo la catastrofe elettorale dell’aprile scorso, a riproporre, nel suo agire politico, una modalità di azione errata e suicida la quale nella sua autistica coazione a ripetere mostra la sua inanità teorica nel comprendere il nuovo scenario dello scontro sociale e politico. Un dato, questo, che contribuisce allo sbandamento politico ed alla dispersione di migliaia di militanti e lavoratori che, a vario titolo, hanno animato con passione e generosità i partiti autodefinitosi comunisti.


La ripresa dell’iniziativa:

Vengono, quindi, oggettivamente confermati gli obiettivi che l’Associazione Marxista “Politica e Classe” si è assunto al momento della sua costituzione: uno spazio politico e culturale aperto alle discussioni ma con una attitudine alla proiezione esterna qualificata ed argomentata attorno ai vari snodi del conflitto. Una intrapresa che vogliamo realizzare vieppiù indispensabile per riqualificare la nostra cassetta per gli attrezzi.

Per ciò che attiene il programma di attività pubbliche la discussione si è orientata verso la realizzazione, a partire dalle prossime settimane, di alcuni appuntamenti pubblici nelle varie città:

La presentazione pubblica dei due volumetti, editi dall’Associazione, contenenti gli Atti del Convegno “Pianeta Merce – L’ultima frontiera del modo di produzione capitalistico” tenuto a Roma nel febbraio scorso. Questo ciclo di presentazioni/incontri verrà realizzato con il concorso di esperti del settore, esponenti del mondo ambientalista ed attivisti dei movimenti sociali in modo da replicare nei territori, in forme più articolate, la pluralità e la ricchezza dei temi affondati nel Convegno di Roma;

La pubblicazione di un fascicolo dedicato alla Questione Sindacale contenete la sintesi delle due relazioni introduttive nel Convegno “Il sindacalismo indipendente in Italia tra competizione globale e fine dei diritti del lavoro” tenuto a Bologna nel giugno scorso ed un intervento di Giorgio Cremaschi della Rete 28 Aprile anch’esso esposto al Convegno. Questa pubblicazione dell’Associazione Marxista Politica e Classe è da intendersi anche come un contributo, tra gli altri, alla più generale discussione in corso nelle fila del Sindacalismo di Base ed Indipendente;

L’aggiornamento costante del sito web dell’Associazione, particolarmente nella sezione-documenti allo scopo di far circolare e socializzare, nelle forme più efficaci possibili, i materiali teorico-politici attinenti il dibattito e la ricerca militante. Una scelta che prevede, prossimamente, momenti di incontro e di scambio di esperienze con altre Associazioni, siti web e riviste riconducibili alle ragioni sociali che animano la nostra attività;

La costruzione, probabilmente per i primi mesi del 2009, di un Convegno da tenersi a Milano concernente i fini e gli scopi generali di una battaglia comunista a tutto campo nella società. Dopo il crollo dell’89, il fallimento di ogni rifondazione comunista fino all’ingloriosa morte della Sinistra Arcobaleno si ripropone l’urgenza di delineare una idea/forza ed una allusione riconoscibile che sostanzi l’adagio marxiano del comunismo come movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti. E’ che questo interrogativo non sia un prurito ideologico è dettato dalla realtà quotidiana in cui siamo immersi. Quando, ad esempio, anche su aspetti delle vertenze economiche (vedi il caso Alitalia) riemerge la discussione su nazionalizzazione/autogestione/controllo dei lavoratori ciò significa che i marxisti e la soggettività antagonistica debbono alimentare un dibattito, sicuramente prospettico nel tempo, sulle forme e l’essenza vera di una trasformazione e di un superamento del modello di sviluppo e di vita inerente questa società. In tale contesto teorico riaprire la discussione sullo sviluppo (e sulla conseguente critica) delle forze produttive significa dinamizzare l’attività di una Associazione Marxista fuori ed oltre ogni consumata liturgia ideologica e dogmatica. Avvertiamo, quindi, fin da ora che, nel tempo utile più breve possibile, faremo circolare una Lettera Invito ed una Bozza di Discussione per questo appuntamento che vogliamo sostanziare;

L’apertura della campagna di adesione all’Associazione, per il nuovo anno politico, in modo da rafforzare il lavoro collettivo, gli strumenti di ricerca e di comunicazione che intendiamo dotarci;


Bologna,
6/10/08

Il 17 ottobre 2008 è SCIOPERO GENERALE


CUB, Cobas, SdL Intercategoriale hanno proclamato lo SCIOPERO GENERALEdi tutte le categorie pubbliche e private per l’intera giornata del 17 ottobre 2008

giovedì 9 ottobre 2008

COFFERATI E L'ANTICOFFERATISMO


Cofferati e l’anticofferatismo
Diego Negri*


Il ritiro di Cofferati è un avvenimento che di fatto smuove tutto l’arco politico-sociale cittadino. Non ci interessano le motivazioni per cui il sindaco non si ricandida, anzi se queste avvengono per squisiti motivi personali, non possiamo che giudicare questo come un atto positivo che va in controtendenza rispetto al micidiale teatrino della politica. Un ritiro, e questo deve essere chiaro a tutti, che non deriva da una campagna di sfiducia nella città, purtroppo aggiungiamo noi, ma da meccanismi che in questo caso non ci riguardano.

Cofferati, in questi anni, ha rappresentato una delle varianti di governo della politica del PD. Se Veltroni come sindaco di Roma era per una politica inclusiva, intesa a recuperare le contraddizioni e normalizzarle, Cofferati ha rappresentato il neo-bonapartismo, insistendo sulla dimensione di esclusione. Ovviamente sia la prima variante che la seconda erano tutte interne a logiche di mantenimento e di rafforzamento dei ceti sociali benestanti e attente a favorire le dinamiche dei poteri forti. Si è giocata una partita nazionale su quelle due ipotesi. La crisi di consenso di Veltroni rende ancor più importanti le posizioni di Cofferati rispetto al modello politico nazionale.
Cofferati, pur governando una città di media grandezza, è riuscito a rappresentare una alternativa al dilagare della “nuova destra del nord”(1), creando un modello nazionale, ripreso dalle stesse giunte di centro-destra. Tutto questo ponendosi in molte occasioni anche in frizione con determinate forze storiche legate alla sinistra come la CGIL. La dimensione del sindaco sceriffo era, e non solo sul lato simbolico, una risposta al montare del problema sicurezza, che sebbene indotto per innescare una “sempre verde” battaglia tra le fasce popolari, rimane un naturale strumento delle fasce dominanti per governare i processi di crisi e le modificazioni del territorio. Mentre nelle maggiori città italiane questo è stato conseguito dalla destra, a Bologna abbiamo avuto un sindaco che ha aperto alla sperimentazione di un modello di sinistra securitario (che ha fatto scuola tra i principali sindaci di centro sinistra, ma che ha riscosso consensi anche a destra). La giunta Cofferati non può essere assimilata a quelle precedenti, in quanto si è posta prioritariamente il piano della gestione della città, cioè ridisegnando gli spazi di potere ecomici e urbani, assecondando il clima di neo-federlismo, che tra poco investirà tutto l’arco amministrativo istituzionale italiano.
Quindi Cofferati non è solo il sindaco di Bologna, ma rappresenta un modello più generale. Modello che ha avuto anche una sua sperimentazione sul terreno prettamente politico delle alleanze. Il Cinese è riuscito di fatto a svuotare i partiti di sinistra creando un vero e proprio “partito del sindaco”, basti pensare ai diversi smottamenti che si sono susseguiti dentro i verdi, il pdci e il prc. Facilitato da una politica suicida di questi stessi soggetti che prima lo hanno eletto a salvatore della patria per poi degradarlo a male assoluto, hanno dimostrato ancora una volta di essere incapaci di offrire una politica indipendente rispetto ai blocchi sociali dominanti. Lo stesso legame con il PD locale ha subito in questi anni diverse frizioni dovute alla politica neo-bonapartista del sindaco, che scavalcava le vecchie gerarchie di potere del sistema partito-cooperative-sindacato emiliano, offrendo una via diversa pensata per una società emiliana in forte trasformazione e cambiamento. Ovviamente stiamo parlando di processi, sarebbe illogico guardare la realtà in modo schematico e individuiamo nella gestione Cofferati una tendenza generale in atto. Basti pensare alla fase di estrema personalizzazione della politica, conseguenza di un minor potere delle fasce lavoratrici sulla società, che stiamo vivendo e che Cofferati incarna da “sinistra”.
Con la sua uscita crea inoltre un “gioco di sottrazione” ossia rende di fatto sterili quelle opposizioni che avevano fatto dell’anticofferatismo il loro credo. E’ scontato che vi sia da parte di diversi settori di sinistra in città una gioia improvvisa, in quanto si crede che questo riapra un dialogo e una collaborazione con un PD più ragionevole. E’ triste dover constatare ciò in quanto non si percepisce come il vecchio sistema sia definitivamente in via di declino e la novità di Cofferati non ritornerà indietro, si trasformerà e sicuramente procederà in avanti.
Il balletto a cui assisteremo tra le forze di centro sinistra sarà dentro questo equivoco di fondo. Non accorgersi che non sarà mai come prima, che guardare al vecchio non paga, potrà forse permettergli di sopravvivere, ma sarà solo un rimandare la fine. Non siamo mai stati a favore dell’accanimento terapeutico, ma per una liberatoria eutanasia.
Piuttosto bisognerebbe domandarsi perchè il modello Cofferati in realtà è percepito in modo positivo dalla stragrande maggioranza della città, modello che risponde al clima che si respira oggi nel paese, stretto tra processi di crisi e una isterica paura che sfociano in dimensioni comunitariste e di terrore verso il diverso, visto come un usurpatore della propria cittadella.

Di fronte alle modificazioni urbane e produttive della città, la sinistra ancora una volta guarda indietro, cullandosi nella nostalgia del “buon vecchio mondo antico” non assumendosi le sfide del presente. Sfide che ci portano a ragionare sui nuovi flussi migratori, sulla nuova composizione di classe, su una precarietà sociale che diventa paradigma principale di intere fasce sociali sia sul terreno lavorativo che territoriale, il tutto accompagnato da crepe sempre più vistose dell’attuale sistema produttivo-finanziario. Di fronte a queste sfide, che impongo un maggior livello di analisi, inchiesta, progetto e fantasia organizzativa è inutile riproporre discussioni in merito alle politiche delle alleanze tra strutture, per lo più percepite come forze politiche residuali in città, ma è necessario puntare su ciò che oggi può davvero interagire con il territorio e con i lavoratori a Bologna, dando nuova linfa a un modello che metta al centro l’interesse e l’utilità di classe, qui intesa come unità, indipendenza e organizzazione, rispetto a una serie di postulati etici fuori dalla realtà e legati al mondo dei filosofi.

Anche se Cofferati se ne va, il modello rimane, e le sue soluzioni pure. Ci auguriamo che la sinistra si liberi da quel meccanismo micidiale dell’essere anti, che fa si che si debba vivere l’azione politica sempre in rinculo ad un'altra, mai quindi con una propria capacità di offrire un piano e un progetto di indipendenza. Noi dal nostro osservatorio continueremo a cercare di ampliare il dibattito mettendo al centro l’analisi e l’inchiesta come metodo per sviluppare un marxismo del XXI secolo e per favorire tutte quelle realtà che si porranno direttamente il problema dell’organizzazione diretta di classe, il solo terreno oggi dove direttamente la sinistra può ricostruirsi una vera internità e legittimità di classe.



(1) Si intende ovviamente non i cascami neo-fascisti, ma le tensioni comunitarie, liberiste, razziste che attraversano i principali partiti nel nord italia, che trovano l’epicentro nel PdL e la Lega ma hanno un larghissimo seguito anche dentro il centro sinistra

* dell’Associazione Politica e Classe-Bologna, via Barbieri n.95 Bologna, politicaeclassebologna@yahoo.it, http://politicaeclasse.blogspot.com/, www.politicaeclasse.it